11 Aprile.
Fatto due trincee e un sentiero che «unisce tutta la linea delle nostre «ridotte». Nel pomeriggio, dodici cannonate a shrapnels.
12 Aprile.
Questa è la guerra del buio, della notte. Le giornate trascorrono in una grande tranquillità: le notti invece sono sempre movimentate. Si comincia a combattere nel crepuscolo e si continua a tenebre alte. Stanotte fuoco vivo di fucileria in Bordaglia Alta. Lo scoppiettare secco dei fucili era, di quando in quando, coperto dal fragore delle bombe a mano.
Stamani una leggera nevicata. Poi, sole. Siamo andati ad ultimare le trincee. Quando si tratta di questi lavori, i soldati non «battono la fiacca». Le due trincee dominano tutta la valle del Volaja. Campo di tiro vastissimo, efficace, inibitorio. Me lo ha detto il capitano Ricchieri, dei bersaglieri ciclisti, che conosce a meraviglia queste posizioni. Poiché l'ultima trincea in alto è stata disegnata da me e scavata sotto la mia direzione, il capitano Ricchieri mi tributa un piccolo elogio. Ho preparato su due tabelle di legno, che abbiamo inchiodato su due tronchi mozzati, i nomi delle trincee. La più lunga, che è quella più in basso, sarà chiamata d'ora in poi il «Trincerone dei bersaglieri», quella in alto «Trincea Cadorna» in onore del nostro generalissimo.
Voci del gergo di guerra: trottapiano — pidocchio; spazzolino = attendente; sigarette = cartucce fucile modello 1891; cartolina in franchigia — soldato buffo; una busta con quattro carabinieri = lettera assicurata.
13 Aprile.
Mattinata e pomeriggio di calma. A sera fatta, quando eravamo già distesi sui nostri giacigli di paglia ormai triturata, siamo stati svegliati dal fuoco. Le nostre mitragliatrici e quelle austriache cantavano a gola, cioè... a «nastro» spiegato e la fucileria crepitava intensa su Bordaglia Alta e Navagnist. Silenzio fatto d'attesa. Poi una voce ha gridato:
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