— All'armi! —
Alzarci, armarci, riempire il tascapane di cartucce è stato l'affare di un minuto primo. Siamo discesi in attesa di ordini. Mentre i minuti passavano senza ordini, io osservavo i miei commilitoni. I giovani tradivano una certa emozione, erano impazienti e temevano di giungere in ritardo a portare soccorso ai «fratelli» attaccati in prima linea, ma i vecchi, invece, se ne stavano calmi, quasi impassibili e forse un po' scettici... Più previdenti dei giovani, non avevano dimenticato il pane, e nemmeno la cicca. Falso allarme?
Già: falso allarme. Ci rigettiamo a terra, armati, per essere pronti al primo appello.
14 Aprile.
Pomeriggio di intenso bombardamento. Proiettili di tutti i calibri infuocano l'aria. Gli austriaci si svegliano. La psicologia del vecchio soldato dinanzi al cannone è in queste espressioni. Se è un colpo isolato, il soldato si limita ad osservare:
— È il buon giorno! Il buon appetito! La buona sera! —
Se i colpi sono frequenti, vi presta una certa attenzione. Di dove vengono? Ad ogni scoppio, si dice:
— È un 75! Un 155! Un 280! Un 305! —
Difficile sbagliare. L'orecchio è abituato.
Infine se il bombardamento è continuo, ininterrotto per ore e ore, una vaga inquietudine afferra l'anima del soldato, che si domanda:
— Che cosa succede? —
Oggi il cannone non sosta. A sera ci giungono notizie incerte sugli effetti del bombardamento. La più provata è stata la sesta compagnia che occupa posizioni laterali alle nostre, sul Paralba. Un «blockhouse» avanzato è stato preso di mira. Una granata da 135 è scoppiata in pieno sul «blockhouse». Dei nove bersaglieri che lo difendevano, sei sono morti, tre gravemente feriti. Si sono salvate le due vedette perché stavano quindici metri più innanzi.
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