Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     Verso sera, un po' di sole. Ma poi la neve riprende...

     20 Aprile.
     Una notte di plenilunio nell'alta montagna tutta bianca di neve è uno spettacolo magico, indimenticabile. Ho appreso dal Popolo, che mi arriva abbastanza regolarmente, la notizia della morte di Gaetano Serrani, Povero amico! Era buono e bravo: non poteva non essere valoroso. Ricordi. Tristezza. Stamani, i soliti innocui colpi di cannone. Pomeriggio invernale. Il vento fischia dal Volaja a Navagnist. Nella «ridotta» la conversazione gela. I miei commilitoni sono attorno alla stufa.

     22 Aprile.
     Vigilia di Pasqua. Un vento sciroccale improvviso ha cambiato la neve in pioggia. L'acqua filtra a guisa di stillicidio. Fragore di valanghe che rovinano tra il Vas e l'Omladet. Il Bordaglia non è più coperto dalla neve e fa sentire fra le rocce la sua voce urlante. La cantilena delle sue cascate predispone al sonno. È giunta là posta. Molte cartoline illustrate. Domani è Pasqua. Senza le cartoline illustrate, nessuno si sarebbe ricordato della solennità.

     Pasqua del 1916.
     Quando, prima dell'alba, mi sono alzato per ispezionare la vedetta, pioveva. Poi, la pioggia è diventata nevischio e neve. Nella «ridotta» è tutto uno sgocciolamento. Sul piancito c'è già un bel guazzetto.
     — Fra poco si va in buca... - dice qualcuno.
     Le ore trascorrono lente, interminabili. Si canticchia:

     Ed anche la Terribile
     Dice ch'è stata in guerra,
     È stata a Serpenizza
     A ramazzar la terra.


     Non attacca. Mezzogiorno: nevica sempre. Pomeriggio: nevica ancora. Un giornale. L'annuncio dell'arrivo dei soldati russi in Francia, la conquista del Col di Lana e la conquista di Trebisonda sollevano gli spiriti. Crepuscolo. Nevica sempre. Pasqua bianca.