Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     — Il confine è molto lontano di qui?
     — Non molto. Due ore o più.
     — E come si chiama il primo paese tedesco dopo il confine?
     — Luckau.
     — Ci siete stata?
     — Una volta sola. A Luckau c'è un grande Santuario e tutti gli anni, prima della guerra, si facevano dei pellegrinaggi. Ci vogliono cinque ore di cammino. Si passa da Pierabech e si rimonta il Fleons.
     La vecchia mi racconta, poi, l'episodio dello sgombro di Forni, avvenuto alcuni mesi fa, sotto la minaccia di una incursione del nemico.
     — Un giorno, all'improvviso, il Sindaco diede l'ordine di andar via. Nessuno restò nel paese. Tutte le case furono chiuse e abbandonate. Che confusione! Che disperazione! Le famiglie povere non sapevano come fare, né dove recarsi. Noi ci fermammo a Ivaro, altri a Rigolata. Donne e bambini piangevano. Scene da piangere. Siamo rimasti lontano quaranta giorni che mi sono sembrati quarant'anni! Ma se tornassero un'altra volta io non partirei più, anche se fossi sicura di morire fucilata da quei cani. Sono tanto vecchia! —
     Ma il caso non si ripeterà. Le nostre difese nella zona dell'Alto Degano sono semplicemente formidabili. Scendere, significa votarsi all'inutile massacro.
     Partenza per Comeglians. Nel prato sono rimasti alcuni bersaglieri ritardatari. Due sono ubriachi fradici. Li portano via in barella. Lungo la strada, oltrepassiamo altri soldati, che il soverchio vino bevuto ha gettato a terra. Spettacolo non edificante! La guerra nelle retrovie è così. In prima linea il soldato è sobrio e schietto. Giunto nelle retrovie, riprende le vecchie abitudini della bettola mistificatrice. Ecco Comeglians. Grazioso. I suoi dintorni sono, certo, fra i più panoramici di tutta la Carnia. Questa regione afferra il cuore.