Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     29 Aprile.
     Mattinata di sole radioso. I boschi offrono all'occhio tutte le più delicate sfumature del verde primaverile. C'è della gioia nella chiarezza diafana dell'orizzonte, nel Degano che rompe le sue acque impetuose fra i sassi, nel bianco della chiesa solitaria che dall'alto di una rupe scoscesa domina il paese, nel fumo delle nostre cucine apprestate dietro un costone perpendicolare, che forma — come mi dice un competente — un angolo morto totale! Oggi nel paese, c'è più silenzio e più ordine. Le sentinelle vigilano agli accantonamenti. Anche Comeglians — come tutti gli altri paesi della Carnia — è senza uomini giovani. Si vede qualche vecchio; molti bambini e donne. Ho avuto occasione di conoscere il Sindaco che è proprietario di un albergo.
     — Sono lieto — egli mi dice — di averlo avuto mio ospite e conto di rivederlo a guerra finita. —
     Parlo con un innamorato della montagna:
     Quando — egli dice — sono giunto alla più alta vetta, mi par di essere il re dei re.

     30 Aprile.
     Sveglia prestissimo. È ancora notte. Zaino in spalla. Da Comeglians a Villa Santina ci sono 13 km. e 800 metri. Arriviamo a Villa Santina verso le sei e ci fermiamo in un prato nelle vicinanze della stazione per consumare il rancio unico. Il sottotenente avv. Antonino Isola, catanese, viene a cercarmi. Ci vediamo per la prima volta, ma ci conosciamo — epistolarmente — da molto tempo.
     È ufficiale al 3° fanteria, composto esclusivamente di siciliani.
     — Ottimi elementi, e non lo dico per regionalismo! I miei piccoli siciliani hanno dato e daranno magnifica prova. Non desiderano che l'attacco alla baionetta... —