Salgo ai nostri baraccamenti o ricoveri. «Prendo posizione» nel baracchino del sergente.
Sera di stelle e di luna. Mi presento al colonnello, che si trova in primissima linea.
Nella nostra compagnia ci sono stati quattro feriti da scoppio di granata. Uno dei carabinieri addetti al Comando del reggimento è morto, l'altro ferito.
Il «morale» dei bersaglieri mi sembra elevato, certamente superiore a quello della zona Carnica. — Abbiamo tanti cannoni! Avanzare sarà facile! —
Un senso di fiducia è diffuso in tutti. Andremo innanzi. La parola d'ordine che circola fra noi, è questa:
— O Duino mangia i bersaglieri, o i bersaglieri mangiano Duino! —
Ore 10 di sera.
Mentre scrivo, i nostri cannoni urlano senza tregua. Sulle quote è un bagliore di raggi e di proiettori. Non so come riassumere le impressioni tumultuose di questa prima giornata di trincea sul Carso. Sono profonde, complesse. Qui la guerra si presenta nel suo aspetto grandioso di cataclisma umano. Qui, si ha la certezza che l'Italia passerà. Arriverà a Trieste e oltre!
2 Dicembre.
Notte tempestosa di bombardamento intenso. I nostri cannoni non hanno avuto un momento di tregua. Stamani piove. Sono le undici. Tre grossa granate austriache. Continua il bombardamento da alcune ore. Passano sulle barelle i nostri feriti. Non sono molti e nemmeno gravi. Ma c'è un morto lassù. Una granata lo ha schiacciato sotto una roccia. Alcune granate sono cadute nel lago sollevando colonne di acqua. Verso sera, sono entrate in azione le nostre batterie. Da qualche ora, gli austriaci tacciono. I nostri cannoni tambureggiano. Mentre scrivo sono giunte tre grosse granate austriache e uno shrapnel. Altre quattro. Nel mio ricovero si gioca tranquillamente a tresette.
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