Lungo le rive del lago ci sono dei frammenti di membra umane. Nella selletta due cadaveri di austriaci stanno decomponendosi. Poco lungi, un altro morto insepolto. Giungono, col vento della sera, ondate di tanfo di cadaveri. Nella selletta ci sono due cimiteri: uno austriaco e l'altro italiano. Ieri una grossa granata disseppellì alcuni morti. Macabro. Ora comprendo come il solo nome di Doberdò terrorizzi gli honved ungheresi. Espugnare queste rocce: quale meravigliosa pagina di eroismo latino!
3 Dicembre.
Ho lavorato come un mulo per costruirmi il mio ricovero blindato. Ho un socio che mi aiuta e che dividerà con me il posto all'albergo! Fuoco intenso delle artiglierie per tutta la giornata. Nel pomeriggio, sette Caproni sono passati su di noi. A sera fatta, incursione di velivoli nemici.
4 Dicembre.
Pioggia, stanotte. Mattinata livida e tranquilla. Mentre scrivo passano quelli che hanno «marcato visita».
Il tempo è indubbiamente alleato dei tedeschi. La pioggia ci costringe a dei «rinvii» che permettono agli altri di fortificarsi. La pioggia ci demoralizza. Noi siamo figli del sole! La terra del Carso è attaccaticcia. Non v'è modo di liberarsene. È rossa più del sangue umano. Sono stato a fare una visita al Cimitero ungherese o italo-ungherese. Su una tavola della porta sta scritto:
exoriare aliquis ex ossibus nostris ultor.
Ci sono molte croci, ma quelle del Cimitero italiano sono più numerose. Di feriti, finora, quattro soltanto, per lo scoppio di una granata: uno solo di questi, grave, ma non mortale.
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