Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     Pomeriggio quasi calmo.
     Nel crepuscolo della sera, le gobbe delle quote del Carso, si presentano come divorate, lacerate dalla scabbia. Cielo nubiloso. Solito reciproco e abbastanza innocuo cannoneggiamento serale.
     Stasera, niente posta.
     Una voce: il bombardamento per l'avanzata comincerà stanotte. Vedremo e sentiremo. Mentre scrivo, sulle creste dietro a noi è tutto un vampeggiare e un tuonar di cannoni. Che sia il preludio?

     5 Dicembre.
     Cielo buio e terra più livida ancora. Finito il mio ricovero. È venuto l'ordine di spostarci. Succede sempre così. Ora mi trovo in trincea sui margini del lago di Doberdò. Radi uccelli bianchi e neri volano sulle acque che il vento mattinale increspa appena. Io lavoro a farmi una nuova tana. Lago di Doberdò! Chi vive a lungo presso le tue rive, perde l'abitudine umana del riso. Qui la tragedia, prima ancora di essere negli uomini, è nel terreno. Da tre ore i cannoni austriaci ci bombardano. I nostri rispondono. Qualche volta non si capisce quali siano i colpi in partenza e quali quelli in arrivo. Nel cielo è tutto un sibilare di granate che vanno e che vengono. Durante un bombardamento, io non amo la compagnia.
     Mi piace di starmene solo. Ho la superstizione che sia più difficile trovarmi.
     Un lembo di azzurro verso Duino. I pali metallici che conducevano l'energia elettrica da Monfalcone a Gorizia, si rincorrono per lungo tratto e visti in lontananza, di notte, sembrano croci gigantesche di un cimitero sterminato.
     Quanto sangue ha bevuto e berrà questa terra rossa del Carso?