Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     — Qui si vede la forza degli italiani!
     — Non è più come sullo Jaworcek!
     — Adesso sono loro che si «spicciano»!
     — Devono avere avuto una buona scopola!
     — Hanno fatto male a muoversi i tedeschi, moltissimo male!
     Passa un nostro ferito, colpito da una scheggia di granata al piede.
     Alla 6a compagnia c'è stato un morto. Ora è silenzio. Soltanto le vedette sparano straccamente. Vicino a me, i mitraglieri di una «sezione» lavorano a farsi i ricoveri. Canticchiano sommessamente:

     Bella bambina,
     Capricciosa garibaldina,
     Tu sei la stella,
     Tu sei la stella di noi soldà.


     La voce dei nostri cannoni: ecco l'argomento travolgente per tenere elevatissimo il «morale» dei soldati. Cielo velato dalla foschia. Attorno alla luna è un cerchio.
     — Cerchio lontano, pioggia vicina, — mi dice un tenente e aggiunge: — Me ne rincresce, perché ciò rimanda la nostra avanzata.
     C'è un po' d'impazienza in tutti, anche nei più negativi! Avanzare! La lotta, col suo apparato avventuroso, emozionante, e malgrado i suoi rischi, affascina il soldato. La stasi debilita. L'azione rinfranca. Stanotte bisogna dormire con un occhio aperto.

     7 Dicembre.
     Tanto per cambiare, piove a dirotto. Il nostro ricovero è un guazzetto di acqua e di fango. Stamani, in un'ora di sosta, le nostre artiglierie avevano aperto un fuoco violentissimo sulle posizioni nemiche. Ora tacciono. Quelle austriache brontolano alla nostra sinistra. La pioggia è il quinto nemico nostro ed è, forse, il più massacrante di tutti.
     Gli automobilisti non sono imboscati perché sono indispensabili. Quelli che tutte le sere ci portano acqua e viveri a duecento metri di distanza dalle nostre trincee di prima linea, rischiano la pelle come noi. Non è molto che un camion con un carico di granate è stato colpito in pieno, lungo la strada di Doberdò, da un proiettile nemico. Coloro che lo guida sono sono andati in pezzi.