Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     Jamiano, il paese che fu raggiunto e abbandonato nella nostra avanzata del novembre, non dista da noi, in linea d'aria, più di 500-700 metri. Un 305 che passa ogni quindici minuti — regolarmente — sulle nostre linee, mugola come un tranvai. Pomeriggio di pioggia sottile, implacabile! Nella trincea, silenzio. Qualcuno canticchia, ma sommessamente, senza convinzione. Qualche colpo intermittente delle artiglierie aumenta la melanconia. L'attacco austriaco dell'altra notte a quota 208 è stato riferito nel Bollettino del Comando Supremo in questi termini: «Sul Carso continuò ieri l'attività delle artiglierie. La sera, l'avversario, dopo violenta preparazione di fuoco, tentò due successivi attacchi contro le nostre linee a nord-est della quota 208 sud e fu nettamente arrestato e respinto».

     11 Dicembre.
     Ieri sera siamo rientrati, dagli avamposti, all'accampamento. Pioveva forte. Molli sino alle ossa, abbiamo atteso pazientemente il cambio. Nell'atto di cedere il mio... appartamento al nuovo venuto — l'ospite ignoto, — questi mi ha chiesto:
     — Dove sono i tedeschi?
     — Lì, a venti metri.
     — Tirano col cannone?
     — No, perché siamo troppo vicini a loro.
     — Colle bombe?
     — Nemmeno. —
     Mezzanotte. La pioggia è cessata e il vento impetuoso fa galoppare le nubi. È terminato adesso un violento attacco austriaco di sorpresa, contro la nostra linea. Dormicchiavo. Sono stato svegliato dagli scoppi striduli delle bombarde. Poi la fucileria ha iniziato il fuoco. Violento. Sembra il ticchettio di una gigantesca macchina da scrivere. Sono con me, nella nuova tana, alcuni bersaglieri.