Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     14 Dicembre.
     Ogni tanto ci spostiamo da un trinceramento all'altro. I cambi sono talvolta troppo frequenti. Ciò spiega qualche negligenza dei soldati nel migliorare trincee e ricoveri. Per una dimora troppo breve non vale la pena di affaticarsi... Ieri fu, per me, una giornata di tetraggine. I miei nervi «sentivano» il tempo? Pare, perché ieri sera si scatenò un violento temporale. Tutta la notte ha piovuto. Nessuno ha chiuso occhio. Ancora prima dell'alba, profittando di una breve sosta, siamo usciti per migliorare un poco questi infelicissimi «baracchini». Anche oggi piove. Torrenzialmente. Queste tre settimane di pioggia incessante hanno esercitato un'influenza depressiva sul «morale» dei soldati. Anche le condizioni di salute ne risentono.
     Non fa freddo, ma il fango, l'umidità, il grigiore dei brevi giorni e il buio pesto delle notti lunghissime, sono altrettanto elementi che contribuiscono ad aumentare la musoneria di tutti. Siamo venuti, qui, di notte. Le marce notturne, anche brevi, affaticano. Io stento molto a camminare fra le tenebre, sotto a un cielo di inchiostro. Scarsa attività delle artiglierie. Le mie mani hanno ora il segno della più grande nobiltà: sono sporche della terra rossiccia del Carso!

     15 Dicembre.
     Ieri sera, uno dei conducenti — i quali sono i nostri giornali parlati — ha diffuso la notizia:
     — Sul giornale «ci sta» la pace!
     Ho pensato che doveva trattarsi delle comunicazioni di B. Hollweg. La notizia non ha sollevato soverchia emozione fra di noi. Pur sapendo che io leggo i giornali, nessuno mi ha chiesto nulla. Questa indifferenza è sintomatica. Si è parlato troppe volte di pace perché non esista un tal quale scetticismo, nell'animo dei soldati.