Se voi non tirerete più con le vostre bombarde, noi non getteremo più i gas asfissianti. —
16 Dicembre.
Stanotte non ha piovuto. Miracolo! In compenso, le artiglierie hanno sparato vivamente, soprattutto la nostra, sino a stamani. Tempo incerto. Abbiamo avuto un paio di mutande, una camicia, un paio di calze. Tutta roba eccellente. Ci siamo cambiati. Stiamo meglio. Stamani, nei ricoveri, l'argomento della pace è in discussione. Ma la nota predominante è lo scetticismo, come al giungere della prima notizia. Qualcuno, però, ha già notato che stamani l'artiglieria tace. Sul nostro fronte, sì, ma laggiù, verso il mare, il cannone brontola cupamente. Soliti shrapnels distratti. Pomeriggio di nebbia. Freddo.
17 Dicembre.
Ieri sera, verso le sei, fuoco intenso e insolito degli austriaci sulla strada di Doberdò. I conducenti frustavano furiosamente i muli e correvano. Shrapnels e granate piovevano a quattro a quattro. Ma, fortunatamente, pochissime facevano bersaglio. O cadevano nel lago o al di sopra, sul Debeli. Mentre l'artiglieria infuriava, noi ci siamo spostati lungo la grande strada maestra che costeggia e domina il lago alla sinistra, e siamo venuti agli avamposti. È già notte. Nel cielo è un punteggiare timido di stelle. Io le guardo con la trepida adorazione di un innamorato. È il sereno? Tornerà il sole? Alla nostra destra, lungo il costone di quota 144, gli austriaci lanciano grosse bombe. Quando giungono a terra, sprizzano alcune scintille, poi è lo scoppio, talvolta fragorosissimo. Una di queste bombe deve essere caduta in trincea, perché si è udito urlare:
|