Se si raccogliessero tutti i rottami di ferro — proiettili esplosi o da esplodere, pali di ferro dei reticolati, lamiere, arnesi, ecc. —, che si trovano su questi campi di battaglia, si caricherebbero treni e treni a tonnellate.
Verso sera, l'orizzonte ad ovest presenta una striscia di carminio. Non piove più.
— A Venezia c'è il sole! — sento dire con voce che tradisce una evidente nostalgia.
Siamo tornati or ora all'accampamento. Oggi l'artiglieria nemica è stata silenziosissima. Soltanto due shrapnels distratti sono caduti nelle nostre linee. Dialogo colto a volo nell'oscurità:
— Ritornare all'Austria le terre che abbiamo conquistato? Questo non sarà mai!
— I nostri morti griderebbero vendetta!
— E non i morti soltanto; anche i vivi! —
Domani è l'anniversario della impiccagione di Oberdan.
20 Dicembre.
Stanotte, freddo. Ma nel cielo è tutta la chiarità che annunzia una bella giornata. Finalmente, il sole, il sole, il sole! Passano degli aeroplani nostri e nemici. Le nostre artiglierie lavorano, come sempre. Otto colpi, uno dietro l'altro, sono caduti sul trinceramento austriaco di quota 208. Gli austriaci non hanno aspettato gli altri e se ne sono andati, fuggendo verso la terza linea. Parecchi bersaglieri scendono al posto Idi medicazione coi piedi congelati. Non è per il freddo, ma per l'umidità e per l'acqua delle trincee. Tuttavia non sono gravi.
L'argomento della pace continua ad essere all'ordine del giorno, ma «nessuno», dico nessuno, vuol sapere di una pace «tedesca».
Fuoco intenso dei nostri cannoni. Gli austriaci hanno buttato una ventina di shrapnels sui nostri trinceramenti di terza linea.
Serata di stelle!
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