14 Febbraio.
Mattinata di sole. Passa un morto tutto ravvolto in un telo da tenda. Pochi commilitoni lo seguono. Un prete fa qualche gesto. I passanti si scoprono e poi se ne vanno. Ieri sera gli austriaci hanno buttato alcune bombe nella nostra trincea. Ai piedi di queste quote, ci sono i cimiteri che le consacrano. Il nostro si allarga... Il breve funerale non ha interrotto il traffico e il movimento degli altri. Io penso con mestizia a quell'ignoto soldato d'Italia che se ne va sotterra, mentre nel cielo si annunzia coi suoi tepori la primavera. Il cannone lavora. Il morto è del 531° reparto mitraglieri. È l'unica vittima della bomba di ieri sera. Pomeriggio di cannonate. Una nostra granata è caduta in pieno nella loro trincea. Gridavano i boches e scappavano. Un loro portaferiti è accorso. Concerto dei nostri grossissimi calibri, sulla loro prima e seconda trincea. Dall'estrema destra della nostra trincea ho visto Duino. Di lassù si domina tutto il golfo di Panzano. Causa la foschia del mare, non ho potuto vedere Trieste. Lanciate dieci torpedini sui loro reticolati. Per rappresaglia, gli austriaci hanno lanciato sette granate da 152 sul rovescio di quota 144. Feriti: uno, alla rotula del ginocchio.
15 Febbraio.
Sole. Stanotte ho lavorato sino alle quattro. Quando mi sono levato dai camminamenti per tornare al mio giaciglio, un quarto di luna rossa illuminava sinistramente il campo di battaglia. Nessuna novità, stamani. Pomeriggio, solita sinfonia.
Gergo di guerra:
un telegramma = scheggia di granata;
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