Benito Mussolini
Diario di guerra (1915-1917)


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     — Come state?
     — Sto bene!
     — Avete molta febbre?
     — Passerà! —
     La cartella termografica segnava 39,9. Gli manifestai i miei sentimenti migliori, i voti dei compagni, degli amici, degli estimatori suoi, di tutti gli onesti, di tutti i buoni, perché la guarigione fosse sollecita e completa.
     — Guarirò completamente e presto. —
     L'aiutai, insieme ad un infermiere, a cambiar posizione nel letto. Lo interrogai sulle cause dello scoppio.
     — Non le so bene — egli rispose. Poi raccontò il fatto come è raccolto nel suo Diario.
     Domandai a Mussolini come avvenne la sua assegnazione ad una squadra di lanciatorpedini.
     — Nel modo più semplice — egli rispose con grande serenità. — Il primo di febbraio potevo andare in Italia per un periodo di tempo più o meno lungo. Ho preferito — e l'ho fatto di mia volontà — di passare al comando di una sezione lancia torpedini, agli ordini di un ufficiale. Alla guarnigione italiana ho preferito le doline del Carso; sulla quota più tragica. Ecco tutto. —
     Così dicendo, egli scrollava lievemente la testa sul guanciale. Gli occhi si spalancarono... anche di più.
     Un sorriso di compiacenza — quel suo bel sorriso caratteristico, nervoso e cristallino che voi ben conoscete — gli illuminò il volto pallido. Lo accarezzai sulla fronte. Il gesto mi ricordò che egli aveva la febbre alta. La mia presenza diventava, involontariamente un martirio. Lo facevo parlar troppo. Me ne accorsi. Glielo dissi. Lo esortai a non sforzarsi. Poi soggiunsi:
     — Darò notizie di questa mia visita ai nostri compagni, agli amici.