— Sì, fatelo. E dite chiaro e forte che per il trionfo degli ideali di giustizia che guidano gli eserciti della Quadruplice, io avrei accettato, senza rimpianti, anche un più duro destino. Dite che sono orgoglioso di avere arrossato col mio sangue, nell'adempimento del mio più rischioso dovere, la strada di Trieste! —
Parliamo d'altro per un poco. Poi induco il valoroso al silenzio, affondando le mani in enormi fasci di telegrammi e di lettere che sono sul comodino, su una sedia, ai piedi del letto.
Tra i primi dispacci che capitano in mano, ne trovo, uno assai premuroso e cordiale del ministro Comandini. Ne vedo quindi di persone di ogni condizione sociale: dal nobile Guido Notari dei Duchi della Rovere ai più modesti ed umili operai.
Il ministro Comandini ha telegrafato così:
«Commosso per il battesimo glorioso che ti ha piagato «e fortificato, ti mando i più fervidi voti di guarigione sollecita e completa».
L'eroica madre di Filippo Corridoni telegrafa da Pausula poche parole:
«La mia famiglia è estremamente commossa e le è vicina».
Nelle poche parole è tutta l'anima della donna semplice e stupenda.
Margherita e Cesare Sarfatti si esprimono così:
«Salutiamo il caro amico, l'eroico combattente, ammirati, trepidanti, auguranti».
E il Dottor Risi:
«Saluto le tue gloriose ferite che in idealità nobilissima leniscono e guariranno».
E l'on. Bossi, da Genova:
«Personalmente e per il Comitato nazionale antitedesco, auguro fervidamente di rivederti presto più che mai valida guida nelle lotte del fronte interno, non meno importante del fronte esterno, dove ti temprasti ed emergesti tanto».
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