Al bivio
(30 gennaio 1915)
L'on. Turati si ride della mia
«guerra rivoluzionaria»
ma io mi rido della sua
«neutralità relativa»
che si dilata sino
all'intervento nei discorsi come quello di via Circo e si contrae
sino alla neutralità assoluta nelle riunioni «plenarie»
della direzione del partito. Il discorso pronunciato da Filippo
Turati alla sezione socialista milanese è anch'esso...
prudenziale.
Una preoccupazione lo domina:
quella di evitare il rischio
ogni rischio. È del riformismo
puro. Non l'intervento perché conduce al rischio della guerra
non la neutralità assoluta perché può provocare
il rischio della rivolta. Tra questi estremi oscilla il pensiero
dell'on. Turati e di quanti altri seguono come lui la formula della
neutralità relativa. Dal punto di vista teorico o concettuale
la posizione dell'on. Turati è sostenibile
dal punto di vista
pratico
no. Affatto. E spero di dimostrarlo. L'onorevole Turati non
è interventista. Qualche volta passeggia sui margini
dell'interventismo
ma poi se ne ritrae per una serie di ragioni
d'ordine realistico e di opportunità
fra le quali è da
notare la scarsa fiducia nelle capacità di vittoria del nostro
organismo militare.
L'on. Turati teme la disfatta e
non s'accorge che la sua neutralità relativa prepara la
disfatta. L'on. Turati è neutralista relativo
perché
non accetta le conseguenze estreme e logiche della neutralità
assoluta. E va bene. Ma la neutralità relativa dell'on. Turati
ha un senso
solo se conduce al «disinteressamento»
pratico del partito socialista di fronte all'eventualità della
guerra. La posizione dell'on. Turati è «agnostica».
In altri termini: se il governo «vuole» intervenire
il
partito socialista non ha forze sufficienti per impedirlo e ogni
tentativo — dice il Turati — sarebbe follia; e viceversa
se il governo vuole restare neutrale
tutta la pressione del partito
socialista non basterebbe a smuoverlo.
(segue...)
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