(segue) Al bivio
(30 gennaio 1915)
[Inizio scritto]
Il socialismo in Italia è
stato anazionale. In Germania il socialismo era ed è una delle
grandi forze di espansione e di conquista della razza tedesca; in
Francia il socialismo — capitanato da Jaures — aveva
conciliato la patria e l'internazionale. Jaures aveva creato
coll'Armée nouvelle il sistema militare
repubblicano-socialista. Guesde ripudiava lo sciopero generale in
caso di mobilitazione
poiché gli sembrava di tradire la
Francia e la Repubblica a beneficio di qualche vicino retrogrado...
Con questi precedenti si spiega il revirement dei socialisti e
sindacalisti francesi: si spiega il loro ardore di battaglia
il loro
spirito di sacrificio. Ciò è stato possibile in
Francia
ma io mi domando se lo stesso avverrebbe in Italia dopo otto
o nove mesi di propaganda neutralista assoluta
temperata a troppo
radi intervalli dalle restrizioni dell'on. Turati.
Le masse non avranno ragione di
ritenersi turlupinate
quando
dopo tanta predicazione antiguerresca
si vedranno sospinte al... macello? Non avranno ragione di chiedersi
e di chiedere: a che prò tante parole e tanto inchiostro
se
era stabilito sin dal principio
se era — cioè —
sottinteso che tutto sarebbe finito in un atto di rassegnata
obbedienza alla volontà dello stato?
Ma i proletari posti a scegliere
fra il morire in piazza e il morire sulla trincea possono prediligere
la prima fine; e quale sarà allora il vostro contegno
on.
Turati
se sino all'ultimo momento avrete predicato contro la guerra
se
insomma
sarete stato preso sul «serio» dai proletari
che vi ascoltavano?
Manca qualche cosa al vostro
discorso
on. Turati: mancano cioè le deduzioni pratiche delle
vostre premesse di neutralità relativa
che corrisponde
in
fondo
all'intervento relativo. Voi avreste dovuto dire —
scusate l'immodestia — presso a poco così: «Amici
socialisti
noi siamo un partito di minoranza con obiettivi ideali e
remoti. La nostra influenza sul corso degli avvenimenti è
limitata. Noi non vogliamo assumerci le responsabilità
dell'intervento
di cui misuriamo i pericoli e i danni; ma non
vogliamo nemmeno accettare — in solido colla monarchia —
la responsabilità della neutralità assoluta che può
essere disastrosa più della guerra. Noi aspettiamo
colla
guerra o senza la guerra
che la nostra ora ritorni e ritornerà.
Per questo ci asteniamo dal propagandare l'intervento e dal
propagandare la neutralità.»
(segue...)
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