(segue) Il partito del «Ni»
(7 febbraio 1915)
[Inizio scritto]
Non capisco come non si sia
ancora demolita quella colonna di bronzo che a Porta Vittoria reca
incisi i nomi di coloro che caddero nelle cinque giornate... Quella
colonna è mi insulto permanente ai devoti della neutralità
assoluta. I milanesi del 1848 erano degli ingenui
forse dei sadisti
non è escluso che fossero dei criminali
secondo il gergo
nuovissimo dell'antropologia ad uso e consumo dei socialisti del
1915. Probabilmente
se nel 1848 ci fossero stati una dozzina di
Lazzari
qualche decina di Agostini
i popolani milanesi non
avrebbero compiuto quella insigne e memorabile sciocchezza che fu la
cacciata di Radetzky. Sforzo inutile! Cinquant'anni non sono passati
invano. I socialisti milanesi — evoluti e coscienti —
oggi lascerebbero tornare Radetzky e i suoi croati e le sue forche.
Gli insorti del 1848 commisero uno sproposito: versarono il loro
sangue in pura perdita. Non hanno che una scusante: erano dei
romantici e noi siamo dei pratici. Erano degli idealisti e noi siamo
dei positivisti. Erano dei coraggiosi e noi siamo dei vigliacchi.
Credevano di assolvere un compito supremo regalandoci una patria
ma
noi ce ne infischiamo di questa patria e poco c'importa s'essa
tornerà qual'era prima del 1848. Tali le deduzioni
dell'herveismo. Logiche e inesorabili. Ma i socialisti che sanno e
sentono
i socialisti che conoscono la dottrina del socialismo
i
socialisti che vogliono vivere nella realtà per comprenderla e
trasformarla
sono agli antipodi delle aberrazioni dell'herveismo
marca italiana.
Ma
intanto
nel campo
socialista regna sovrana la confusione. La data del 21 febbraio non è
lontana e ancora non v'è una parola d'ordine
una direttiva
qualsiasi. Il partito si sfalda in frazioni e sottofrazioni
pur
conservando intatta o quasi la sua compagine amministrativa e
burocratica
cui presiede l'alta intelligenza speculativa di
Costantino Lazzari. La neutralità del governo italiano è
all'agonia: la mobilitazione non è
non può essere
lontana
e i socialisti italiani non hanno ancora precisato il loro
atteggiamento. La predicazione ostinata della neutralità non
ha finora obiettivi pratici di sorta. Gli organi direttivi del
partito si tengono nell'incertezza. Il comitato della sezione
socialista milanese propone lo sciopero generale
ma non ne determina
i mezzi
le forme
gli obiettivi; ma dopo la discussione il comitato
si rimangia l'ordine del giorno e accetta quello del Malatesta.
Turati è contrario allo sciopero generale
pur dichiarandosi
«mulescamente» neutrale. Serrati
come il marchese
Colombi
fra il sì e il no
si dichiara coraggiosamente per il
«ni».
(segue...)
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