(segue) Il partito del «Ni»
(7 febbraio 1915)
[Inizio scritto]

      Il «ni»: ecco la formula del partito socialista italiano nell'ora più critica della storia europea. Non lo sciopero generale ma la neutralità assoluta; non l'intervento ma la neutralità relativa: fra questi estremi e mediani punti di vista c'è posto per dieci ordini del giorno e tanti ne furono presentati alla sezione socialista milanese. I proletari italiani domanderanno domani al partito socialista: che cosa dobbiamo fare? E il partito socialista dopo tante discussioni e cogitazioni risponderà con un solenne: «ni». Fate il «ni». Acconciatevi al «ni». Che cosa è il «ni»? È un quid medium fra il sì e il no fra l'essere e il non essere: il «ni» è dell'ermafroditismo applicato alla politica socialista è in altri termini una mostruosità. Coloro che si illudevano di veder sboccare la neutralità socialista nella fiammeggiante rivolta delle masse vedono invece profilarsi all'orizzonte un enigmatico e ridicolo «ni». Il «ni» è l'ultima parola della saggezza socialista. Il «ni» è la formula estrema del rivoluzionarismo di partito. Il «ni» è il monosillabo della pusillanimità neutrale che non vuole compromettersi in nessuna guisa. Un partito che in un'ora come l'attuale — gravida di problemi e di responsabilità — si rifugia in un «ni» è un partito giunto al crepuscolo. Eppure se i socialisti italiani non avessero in questi ultimi tempi subito una vera e propria infezione di «sudekumismo» non troverebbero grandi difficoltà ad orientarsi e ad orientare l'azione delle masse. Basterebbe un esame spregiudicato della situazione. Basterebbe osservare come si sono via via polarizzati e da qual parte i ceti conservatori borghesi e reazionari d'Italia.
      Si constaterebbe allora che i conservatori e i reazionari da Giolitti a Meda dal senatore Grassi all'on. Bruno di Belmonte sono tutti per la neutralità. La neutralità è sinonimo di conservazione. In queste condizioni un partito intimamente rivoluzionario non tarda a conoscere qual'è la sua posizione teorica e pratica. Se la borghesia è neutrale il proletariato socialista deve essere per l'intervento. Il marxismo ci insegna che il proletariato deve spingere la borghesia alla risoluzione dei problemi borghesi. Anche la guerra può essere un mezzo di risoluzione. Si spiega in tal modo l'entusiasmo di Marx per le vittorie prussiane del '70. Il proletariato tedesco — vittorioso — realizzava la sua unità all'interno e liberava la Francia dalla dinastia dei Bonaparte. La guerra del '70 rientra per Carlo Marx nel piano delle «necessità» preliminari per l'attuazione del socialismo. Così la risoluzione dei problemi di nazionalità... Non è senza significato il fatto che i più grandi teorici del marxismo da Plekanoff a Hydmann siano tutti antineutrali... Non è privo d'importanza il fatto che i socialisti italiani non sappiano giustificare la neutralità assoluta se non con le aberrazioni ripugnanti dell'herveismo... né sappiano trovare una linea di condotta pratica... mentre gli avvenimenti incalzano.

(segue...)