(segue) C'è un'insidia...
(19 febbraio 1915)
[Inizio scritto]

      In data 14 febbraio 1915 il Giornale d'Italia scrive: «Attendere passivamente e fatalisticamente che il destino si compia sarebbe sperare mercé dalle altre nazioni e dagli altri popoli in un momento in cui campeggiano sinistramente sull'orizzonte i più feroci egoismi. Prolungare indefinitamente l'attuale neutralità sarebbe disinteressarsi delle sorti future del mondo proclamare la decadenza dell'Italia dal rango di grande potenza consegnarsi mani e piedi legati all'arbitrio dei vincitori all'odio dei vinti. Questo l'Italia non può non deve volere. Oggi come non mai l'inerzia è la morte l'azione è la vita. E non si ricominci per carità la disputa su che specie di azione convenga all'Italia; lasciamo ai poteri responsabili la scelta del procedimento.»
      Tre mesi fa e precisamente il 19 novembre del 1914 Il Popolo d'Italia pubblicava: «La neutralità assoluta è una colpa nei riguardi della nazione; un delitto di fronte al socialismo. Il proletariato italiano non può non deve isolarsi in questa neutralità pusillanime degna di gente al disotto della storia: in questa neutralità che lo esporrà domani all'odio e al disprezzo dei vincitori e dei vinti.» Al 13 dicembre 1914 Il Popolo d'Italia ritornava sull'argomento con queste parole: ... «La situazione dell'Italia neutrale è dunque terribile. Essa sta per concentrare su di sé l'antipatia di tutti i popoli. E quando si dice Italia si dice popolo italiano. Il "sacro egoismo" dell'on. Salandra è la formula che ci esporrà all'odio di tutti all'amore di nessuno.»
      L'atteggiamento neutralista assoluto assunto in questi ultimi mesi dalla Stampa di Torino è stato censurato dal Giornale d'Italia del 16 febbraio con queste parole: «Qualunque sia per essere il mezzo col quale raggiungere le aspirazioni nazionali (noi non ne escludiamo alcuno) la base de tutto è non soltanto la preparazione militare ma anche la preparazione morale del paese. Le polemiche tipo Stampa indirettamente e involontariamente danneggiano la patria in quanto alimentano un'altra illusione questa di carattere estero: che cioè l'Italia non sia concorde nel voler affrontare tutti i più grandi sacrifizi necessari per fondare su basi solide le proprie fortune... Ma è necessario che cessi una buona volta l'opera di coloro che — inconsapevolmente — la sfibrano all'interno e la svalutano all'estero.»

(segue...)