(segue) L'ideale di Marcora
(24 marzo 1915)
[Inizio scritto]
So di dare un forte dispiacere
all'on. Turati
che del socialismo parlamentare è stato e
continua ad essere campione indefesso
ma io mi propongo di seminare
fra le masse il più profondo dispregio del parlamentarismo e
dell'elezionismo. Per l'on. Turati — e lo ha detto nel discorso
pronunciato all'ultima seduta della camera — il parlamento è
una valvola di sicurezza. Finché c'è
la caldaia non
scoppia e tutto procede secondo le leggi del riformismo evolutivo.
Per il proletariato rivoluzionario — invece — più
presto scoppia la caldaia e meglio è. Ad ogni modo non sono i
socialisti che devono assicurare il funzionamento delle valvole di
sicurezza. Ci pensino «gli altri». Svalutazione del
parlamentarismo dunque e non solo per ragioni di principio
ma anche
per ragioni di contingenza. La camera italiana — gentilonizzata
— non merita un soldo di fiducia. È piatta. È
pettegola. È leguleia. Pensate a Treves e De Bellis
con
Cavagnari
Caroti e Miccichè.
La sua deficiente sensibilità
di fronte agli avvenimenti grandiosi della storia europea è
venuta in luce piena durante questi mesi di sordida neutralità.
«L'aula di Montecitorio
dice il cronista di un giornale
romano
presentava in questi ultimi giorni lo stesso quadro di vanità
e di leggerezza». I provinciali ingenui che votano per mandare
i «seimila» a Roma
pensano che i deputati moderni
tengano nell'aula di Montecitorio un contegno
se non ieratico
solenne o per lo meno serio. Non certo simile — per austerità
di atteggiamenti — a quello di quei tali famosi senatori romani
durante l'invasione gallica. Oh
no! Sarebbe troppo pretendere dai
nostri avvocati medagliettati. Ma il loro contegno — durante le
discussioni — non è nemmeno decente.
Alcuni deputati ad esempio (è
sempre il cronista romano che scrive) si divertono a tirare delle
pallottole di carta sulla testa capace dell'on. Cavagnari
concionante; alcuni altri onorevoli trovano estremamente piacevole il
porre un cestino per la carta straccia sopra il sedile dell'on.
Larussa che sta parlando
affinché debba alla fine del
discorso mettersi a sedere sul nuovo seggio mobile e possa in tal
modo cadere a terra; un altro rappresentante del paese esercita le
sue funzioni politiche passando delle intere sedute
anziché
nell'aula
nella tribuna delle famiglie dei deputati accanto alla
signora di un collega... e si potrebbe continuare.
(segue...)
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