(segue) L'ideale di Marcora
(24 marzo 1915)
[Inizio scritto]
Sono «frivoli» i
nostri seimila e si divertono alle spalle di Pantalone che vota e...
paga. Sono degni di un discorso del Marcora. In fondo
il Marcora
ha
spezzato una lancia in favore dei deputati. «Lasciare in pace
il popolo»
ciò significa lasciare in pace i deputati e
dispensarli dall'assumere — oltre al voto di fiducia generico
(sic) al gabinetto Salandra — atteggiamenti precisi che possano
in un senso o nell'altro vincolare e compromettere. Ebbene
on.
Marcora
noi siamo disposti a lasciare in pace i vostri deputati.
Dopo tutto
c'interessano poco. Ma non lasceremo in pace il popolo.
Questo popolo non deve dormire profondamente sino alla vigilia della
tragedia
salvo poi a destarsi intontito e intorpidito come un
pastore sorpreso nel sonno dall'uragano
ma dev'essere tenuto sveglio
e pronto
col cervello sgombro da illusioni troppo rosee
coll'animo
deciso alle prove supreme. E del resto il popolo non vuole essere
lasciato in pace. Vuole conoscere
sapere
discutere. Ne ha
sacrosanto diritto. I milioni di uomini e i miliardi di denaro per la
guerra li darà il popolo e voi pretendete che questo popolo
sia «lasciato in pace»? Non passerà molto tempo
che questo popolo — stanco delle miserie economiche e delle
mortificazioni morali della neutralità — non «lascerà
più in pace» nemmeno voi
on. Marcora
on. Salandra
Vittorio Emanuele Savoia; non «lascerà in pace»
nemmeno voi cinquecento otto o giù di lì commedianti di
Montecitorio... Quel popolo che vorreste «lasciare in pace»
vi farà la guerra.
24 marzo 1915.
|