(segue) Sacrifici e vantaggi
(25 marzo 1915)
[Inizio scritto]

      Ad ogni modo è bene non prospettare la guerra di domani come una «passeggiata militare» o una «marcia romena». Se i sacrifici saranno minori di quelli preventivati tanto meglio; se saranno maggiori il popolo non illuso saprà trovare in sé stesso le energie per fronteggiarli. Ammettiamo dunque che la guerra contro gli imperi centrali costerà — come afferma l'articolista della Nuova Antologia — quattro miliardi e quattrocento ottanta mila uomini fuori di combattimento. Queste cifre non ci spaventano affatto. È un sacrificio grave ma una volta compiuto l'Italia sarà tranquilla per parecchie generazioni. Dicono i tedeschi: meglio finirla con dolore che dolorare senza fine. Il bilancio della guerra segna quelle due cifre ma il bilancio della neutralità quali altre cifre segna? Lasciamo da parte le ragioni morali — assolute — della guerra e poniamoci sul terreno concreto della realtà. Il quesito — allora — si presenta in questi termini: conviene all'Italia risparmiare mezzo milione di soldati e quattro miliardi di lire restando neutrale? L'articolista della Nuova Antologia risponde: no. L'Italia deve fare la guerra con un solo preciso obiettivo sul quale lo scrittore citato lungamente si trattiene: il possesso delle Alpi e il dominio dell'Adriatico.
      Rovesciamo la medaglia e ci sarà facile vedere che i danni della neutralità sono infinitamente superiori a quelli della guerra. La guerra debilita l'organismo economico nazionale — si dice — ed è vero. Ma forse che il regime della neutralità l'ha rafforzato? L'economia nazionale italiana è stata nel suo complesso così profondamente danneggiata dalla neutralità che la guerra non aggraverebbe di molto la situazione e — sotto a un certo riguardo — la migliorerebbe non fosse altro perché farebbe cessare uno stato di orgasmo e d'incertezza che paralizza ogni superstite attività dei cittadini. La guerra ci costerà quattro miliardi può essere; ma se noi — non approfittando delle circostanze eccezionali — lasceremo le nostre frontiere in possesso dell'Austria o ci accontenteremo sotto la forma di compensi territoriali delle bibliche lenticchie i quattro miliardi che non avremo speso nella guerra oggi dovremo spenderli nella sola preparazione alla guerra domani e la guerra di domani — inevitabile — richiederà un sacrificio di denaro due volte maggiore. Risparmiare cinquecentomila uomini oggi significa immolarne un milione in un avvenire prossimo poiché se non ci proponiamo di rendere «inoffensiva» l'Austria una volta per sempre domani con un'Austria vittoriosa o vinta a metà e in possesso ancora di territori italiani la vecchia contesa tornerà a divampare e imporrà — a condizioni difficili per noi — una soluzione colle armi.

(segue...)