(segue) Sacrifici e vantaggi
(25 marzo 1915)
[Inizio scritto]

      Accade per la guerra come per lo sciopero generale. I socialisti dell'Avanti! rivelano di fronte all'uno e all'altro fenomeno la loro mentalità irriducibilmente antirivoluzionaria. Se i calcoli preventivi dei sacrifici di uno sciopero generale dovessero pesare — in maniera assoluta — sulle decisioni dei grandi organismi operai non si farebbero mai scioperi generali e nemmeno parziali. Quando gli scioperi generali sono finiti o peggio non sono ancora incominciati è facile — infatti — ai computisti occhialuti del riformismo dimostrare che la partita si chiude con un passivo per la classe operaia. Si sommano i milioni di salari per le giornate di lavoro perdute; si numerano i morti i feriti e si deduce... che era più comodo e igienico... star fermi.
      Lo stesso ragionamento potrebbe farsi anche per il semplice sciopero di categoria — con obiettivi d'indole professionale — sciopero che qualora non conduca a una vittoria fulminea e trionfale non compensa mai — dal punto di vista contabile immediato — le perdite coi vantaggi. Ebbene come la classe è disposta ad affrontare nelle sue battaglie disagi di varia indole per il conseguimento di un vantaggio immediato o mediato o per un'affermazione puramente ideale come avviene nello sciopero di solidarietà o nello sciopero politico così la nazione non può non deve essere trattenuta dal compiere i suoi doveri da considerazioni di natura prettamente utilitaria. Tenerne conto è giusto; ma far dipendere da essa l'azione è assurdo quando non sia delittuoso. I politici lungiveggenti non sacrificano l'avvenire al presente. Cavour mandò i bersaglieri piemontesi a morire in Crimea per aver diritto di andare al congresso di Parigi a perorarvi la causa italiana. Lo statista piemontese vide che non conveniva al piccolo Piemonte la piccola politica della neutralità. E vide giusto. Noi non chiediamo che i governanti della terza Italia traggano per gli eventi che incalzano l'inspirazione dell'idealismo profetico di Giuseppe Mazzini: sono troppo lontani dall'anima del grande genovese. Ma guai se il governo seguirà i criteri di una politica mercantile. Eviterà «una» guerra oggi e ne avrà «due» domani.

(segue...)