(segue) Il proletariato è neutrale?
(3 aprile 1915)
[Inizio scritto]
Forse che il proletariato
siciliano è partigiano della neutralità? Mai più.
Leggete in terza pagina una corrispondenza del nostro Rossi e avrete
la fotografia dello «stato d'animo» degli isolani. I
siciliani — nature generose ed esuberanti — non sanno
acconciarsi alla neutralità sudekumizzata dei socialisti
né
alle rinuncie mercantili della neutralità governativa. Il
proletariato dell'Italia meridionale non è ancora — per
fortuna! — abbastanza cooperativizzato. È povero
quindi
idealista. Più facile agli entusiasmi e al sacrificio. E —
fenomeno notevolissimo che io ho constatato e accertato personalmente
— il «senso patrio» è più intenso fra
i poveri contadini del Mezzogiorno
che non fra quei «prussiani
d'Italia» che sono — in genere — i piemontesi. Non
per nulla la città che batte oggi il record del neutralismo
conservatore e proletario è precisamente e solamente e
vergognosamente Torino.
Se da Palermo saltiamo a Roma
troviamo le azioni della neutralità socialista ridotte al
valore di zero. I socialisti a Roma sono pochi e... quasi tutti
interventisti
a cominciare da Francesco Ciccotti
redattore politico
dell'Avanti! dalla capitale. La camera del lavoro di Roma non solo
non ha aderito alla manifestazione socialista del 21 febbraio —
finita a Roma
come tutti ricordano
nel più lacrimevole modo
— ma ha deliberato di convocare il consiglio generale per
sottoporgli la questione della neutralità o dell'intervento.
È solo nell'alta Italia
che la neutralità ha ancora qualche seguito fra il
proletariato specialmente agricolo. Ma anche qui osserviamo: Genova
lavoratrice è in grandissima parte interventista. La camera
del lavoro non ha aderito alla famosa manifestazione nazionale del 21
febbraio e colla camera del lavoro non ha aderito il sindacato
nazionale dei porti e la federazione nazionale dei lavoratori del
mare. La valle padana è grigia: cooperative
circoli vinicoli
collegi
comuni
banche hanno creato l'ambiente più adatto per
accogliere il verbo del panciafichismo lazzarista. Ma ecco
nel bel
mezzo della valle
una grande oasi rossa d'interventismo: Parma città
e provincia. Fra qualche tempo il recente congresso di quella camera
del lavoro — che discuteva spregiudicatamente il fenomeno della
guerra europea e abbracciava la tesi estrema della partecipazione
dell'Italia al conflitto — sarà considerato come uno
degli avvenimenti «militari» nella storia del
proletariato italiano.
(segue...)
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