Nel vicolo cieco
(26 aprile 1915)
L'Avanti! di ieri propina ai
suoi amici della direzione del partito
che si riuniscono oggi a
Milano per vegliare sulle mutevoli sorti di Milano
una specie di
memento sotto forma di un articolone senza capo
né coda
né
contenuto. L'imbarazzo di quei signori
che si autoproclamano le
sentinelle perdute nella neutralità proletaria invano
gabellata come unanime
diventa sempre più visibile e
risibile
e non può esser lontano il giorno in cui li vedremo
battere il tacco con una ritirata strategica
alla moda —
appunto — dei compari austriaci d'oltre Isonzo.
I neutralisti dell'Avanti! non
sanno più cosa dicono né cosa vogliono. Il loro
linguaggio è incoerente e grottesco
come il muoversi di certi
animali a cui si è tolta quella parte di cervello che presiede
alla deambulazione. Entrati nel vicolo cieco della loro stupidissima
e gesuitica e sudekumizzata coerenza formale
sono ormai di fronte al
muro che chiude il vicolo. La loro posizione è tremenda. In
altro caso meriterebbero un po' di pietà. Adesso no. Ci sono
ci restino. La prova del loro stato d'animo disorientato
confuso
reticente è nel guazzabuglio di parole distese ieri sulle
prime colonne del loro giornale.
Non mi soffermo sulla solita
eterna requisitoria antilibica. Io non sono sospetto di libicismo
ma
dico che se v'è partito che dovrebbe giudicare con una certa
equità l'impresa libica è precisamente quello
socialista. E' una verità innegabile che il partito socialista
ha saputo «sfruttare» meravigliosamente la guerra di
Tripoli. Senza la guerra di Tripoli
l'Italia non avrebbe oggi il
suffragio universale
e senza suffragio universale non ci sarebbe
stato il famoso strombazzatissimo milione di votanti che mandarono
alla camera due dozzine di «caroti» in più
indennizzati con lire 6000 annuali
e forse lo smercio delle tessere
avrebbe conservato le modeste proporzioni che aveva sotto la ditta
riformista di prima.
(segue...)
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