Il quarto d'ora della prudenza
(27 aprile 1915)
La Giustizietta quotidiana di
ieri ha dedicato una breve nota alla riunione della direzione del
partito e l'ha intitolata sintomaticamente così: «Per
uscire da equivoci pericolosi». Ci sono dunque degli equivoci
nell'attuale direttiva neutralista del partito socialista ufficiale e
si tratta di equivoci pericolosi. Gli è perciò che
l'on. Zibordi mette le mani avanti e si augura che dalla riunione di
Milano esca «una parola chiara e conforme agli interessi del
proletariato». Il neo deputato di Montecchio ritiene che uno
sciopero generale in caso di apertura di ostilità sarebbe
«troppo vanamente costoso e pericoloso» e si risolverebbe
in un totale beneficio della borghesia di fuori. Lo Zibordi dissente
dall'Avanti! che caldeggia
sia pure velatamente
un'opposizione a
qualunque costo alla guerra e torna ad augurarsi che «i
dirigenti del partito abbiano il coraggio della lealtà e del
buon senso
disprezzando i ricatti del mussolinismo che ci deriderà
come conigli». «Non si deve scherzare — continua il
direttore della Giustizietta — in certe ore decisive
con la
pelle degli altri. In fin dei conti
al primo moto
i dirigenti (e
non per colpa loro) sarebbero tutti messi in sicuro carcere
donde
molti uscirebbero deputati fra un paio d'anni (sic). A farsi
ammazzare per le piazze o fucilare nelle caserme
resterebbero gli
altri: i più impetuosi e generosi
i più giovani e
ardenti». «È l'ora delle responsabilità e
della franchezza — conclude l'on. Zibordi — e per conto
nostro parliamo come la coscienza ci detta.»
Una cosa sola si può e si
deve rispondere al deputato Zibordi. Questa: che è troppo
tardi! Il dilemma che travaglia ora le anime degli Zibordi
che
pedagogizzano soporiferamente nel socialismo italiano
io lo posi in
chiari termini ben sei mesi fa nella riunione della direzione del
partito a Bologna. Dissi allora che continuare ed intensificare la
campagna antiguerresca era un nonsenso e un pericolo per la nazione e
quindi anche per il proletariato. Qui solo fu l'origine del dissidio
che provocò la crisi. Orbene
se i dirigenti del partito
avessero accettato il mio punto di vista che consisteva nel ripudiare
la neutralità assoluta e nello «smorzare» —
di conseguenza — la nota antiguerresca
a quest'ora il partito
socialista non si troverebbe incapsulato in una contraddizione
politica e morale difficilissima a risolvere. Io offrivo al partito
socialista la possibilità di muoversi nella realtà
storica per comprenderla
superarla o negarla a seconda degli
avvenimenti futuri
ma i «direttori» preferirono invece
«irrigidire» il partito in una formula «monosillabica»
che hanno ripetuto e fatta ripetere instancabilmente da allora ad
oggi. Allora la guerra era lontana e non mancava il tempo per
modificare l'atteggiamento del proletariato; adesso è troppo
tardi. Gli eventi precipitano: ecco perché i capi più
furbi provvedono
come fa Zibordi
al proprio salvataggio
abbandonando le ciurme che
prive ormai di piloti
sono condannate al
naufragio. E le ciurme dimostrano di non essere rimaste refrattarie
alla propaganda contro la guerra.
(segue...)
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