Abbasso il Parlamento!
(11 maggio 1915)


      Questo articolo fu pubblicato sul «Popolo d'Italia» l'undici maggio 1915 mentre il paese ridestato dall'accesa propaganda mussoliniana voleva la guerra ad onta delle remore e degli intrighi del mondo parlamentare.

      Mentre il Paese attende di giorno in giorno con ansia sempre più spasmodica una parola da Roma da Roma non ci giungono che rivoltanti storie o cronache di non meno rivoltanti manovre parlamentari.
      La vigilia del più grande cimento d'Italia è contrassegnata da questo rigurgito estremo di tutte le bassezze della tribù medagliettata. Sdegno e mortificazione si alternano negli animi nostri. Questi deputati che minacciano «pronunciamenti» alla maniera delle repubblichette sud-americane questi deputati che vanno a scuoia e a pranzo dal principe di Bülow; questi deputati che diffondono — con le più inverosimili fantasticherie ed esagerazioni — il panico nella fedele mandria elettorale; questi deputati pusillanimi mercatori ciarlatani proni ai voleri del Kaiser; questi deputati che dovrebbero essere alla testa della Nazione per incuorarla e fortificarla invece di deprimerla e umiliarla com'essi fanno; questi deputati dovrebbero essere consegnati ai Tribunali di guerra.
      La disciplina deve cominciare dall'alto se si vuole che sia rispettata in basso. Quanto a me io sono sempre Più fermamente convinto che per la salute d'Italia bisognerebbe fucilare dico fucilare nella schiena qualche dozzina di deputati e mandare all'ergastolo un paio almeno di ex-ministri. Non solo ma io credo con fede sempre più profonda che il Parlamento in Italia sia il bubbone pestifero che avvelena il sangue della Nazione. Occorre estirparlo.
      C'è da rabbrividire al pensiero che si trovano in questo momento a Roma più di duecento deputati. E costoro tramano brigano ciarlano: non hanno che un pensiero: conservare la medaglietta; non hanno che una speranza: quella di entrare — sia pure come la quinta ruota del carro — in qualche «combinazione» ministeriale. Intanto con l'ostentato ritorno di Giolitti a Roma noi siamo costretti ad occuparci della «situazione parlamentare». Siamo cioè ricondotti alle nostre miserie. È triste!

(segue...)