(segue) Il tacco sul verme
(2 settembre 1915)
[Inizio scritto]
Vane domande.
Il colmo si è che nel
titolo stesso dell'articolo vien definito come «perfido»
e «subdolo» il suggerimento. Adesso! Ma delle due l'una:
o la famosa «voce» è corsa e allora trattandosi di
cosa «subdola e perfida» un galantuomo non la raccoglie
non la dilata
non le porge autenticità e garanzia colla
pubblicità di un giornale; o il fatto non esiste e allora
l'azione compiuta dallo Zibordi acquista più chiaro carattere
di malvagità premeditata. È ancor più perfida e
subdola. Gli è che Zibordi ha lanciato la pietra
tenendo
nascosta la mano
ed ora ch'è stato scoperto e stigmatizzato
da tutti
compresi molti socialisti ufficiali
cerca di fare...
l'indiano e si affanna alla ricerca di un alibi. Costume del
socialismo reggiano. Così è avvenuto anche per
l'eccidio alla conferenza Battisti.
E da chi — se non da
socialisti e da preti uniti indissolubilmente nel loro amore per
l'Austria — è stata fatta circolare la voce del mio
mancato arruolamento
per la tema
o il sospetto o la previsione di
rappresaglie? Ma non è «agli atti» che io non
potevo — per tassative disposizioni regolamentari —
arruolarmi come volontario? E non è «agli atti»
che
ciò malgrado
io mi sono presentato a una caserma
pochi
giorni dopo la mobilitazione
e mi hanno
gentilmente
rimandato al
richiamo — ormai avvenuto — della mia classe?
Ora il verme non mi augura la
morte. «Poiché
per noi — dice il "seimila"
— sarebbe gravissima jattura la morte di Mussolini che sarebbe
riabilitato
per essa
da tutte le sue vergogne...». Questa
discussione sulla mia morte è un sollazzo grato agli sciacalli
e alle iene del socialismo italiano. Tendono alla necrofilia. Sono
ladri di tombe. Borsaioli di cadaveri. Tagliano le dita per rubare un
anello.
(segue...)
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