(segue) Privilegio di gloria
(2 novembre 1915)
[Inizio scritto]

      «Bacioni e auguri
      «Dino Roberto Gamberini Augusto Giuseppe Mercanti Ido Tacchi Canzio Pandolfini Nino Rabolini Filippo Corridoni.»
      Poche ore dopo questi propositi eroici venivano consacrati nella battaglia vittoriosa e nel suo sacrificio cruento.
      Ed ora episodi e ricordanze mi tumultuano nell'animo mentre raffiche di nevischio imperversano sulle nostre trincee. Io rivivo le giornate del giugno 1914 e quelle del maggio 1915. Malgrado l'antinomia apparente anelli di una stessa catena manifestazioni di una stessa energia sforzo teso a raggiungere una più grande libertà nell'Italia e in Europa... Rivedo Corridoni ardente infaticato su gli spalti dell'Arena lo rivedo sulle gradinate del Duomo; e nell'evocazione la solitudine di queste montagne m'appare d'improvviso brulicante delle moltitudini che invasero e occuparono nel maggio nostro le strade e le piazze delle città d'Italia. Il nome di Corridoni resta perennemente legato al prodigio di purificazione che l'Italia nuova operò su sé stessa nel momento più delicato e tragico della sua storia.
      Non piangetelo! Onoratelo. Noi onoriamo i nostri morti affilando le baionette vendicatrici e liberatrici. Ma voi che siete in Italia a combattere una battaglia non meno dura e non meno necessaria della nostra; voi dovete dire scrivere proclamare ed esaltare senza tregua la santità della nostra guerra la bellezza del nostro sacrificio la certezza della nostra vittoria. Voi dovete incalzare senza posa i «nemici di dentro» e guardare le nostre spalle dai «pugnali fraterni».
      Noi faremo tutto il nostro dovere. Passano gli individui ma il popolo resta; muoiono i suoi soldati ma l'Italia vive e vincerà. Come dubitare della vittoria quando per la vittoria combattono e cadono giovani come Filippo Corridoni e mille e mille altri?

(segue...)