Un manifesto
(7 ottobre 1917)
Il manifesto lanciato al popolo
italiano dal partito repubblicano non può e non deve passare
inosservato
non fosse altro perché rappresenta un gesto di
coraggio
di sincerità e di fede. Forse il manifesto è
troppo lungo. Ma questo — malgrado la penuria dello spazio di
cui i giornali soffrono — non è giustificazione
sufficiente
per ignorare
come molti confratelli hanno fatto
l'odierna manifestazione politica di un partito che come quello
repubblicano italiano ha un secolo di grande storia e può
avere un grande avvenire. Che il partito repubblicano italiano si sia
trovato sulla linea ideale dell'intervento sin dagli inizi della
conflagrazione europea
è un fatto che torna a suo onore. Già
nell'agosto del 1914
il partito repubblicano italiano lanciava il
suo motto d'ordine: «O sui campi di Borgogna o a Trento e
Trieste!» — e con questo grido centinaia di volontari —
nell'attesa che la patria scegliesse definitivamente la sua strada —
corsero a sacrificarsi per la Francia. Il manifesto odierno è
in continuità consequenziale e ideale cogli atteggiamenti
assunti dal partito nell'estate del 1914. Davanti alle manovre
pacifiste dei socialisti e dei clericali
il partito repubblicano
rivendica fieramente la sua responsabilità nell'aver
contribuito a determinare l'intervento e dichiara — pur
desiderando ardentemente la pace — che questa dev'essere una
pace di giustizia
altrimenti sarà un «miraggio
ingannatore Che preparerà tragiche delusioni ai sanguinosi
sacrifici sinora sofferti». Il partito repubblicano espone
quindi i suoi fini di guerra dal punto di vista territoriale e cioè
— restaurazione delle nazioni invase
ricostituzione delle
nazioni mutilate — e quelli dal punto di vista morale
che
coincidono coi fini esposti da Wilson
nei suoi messaggi memorabili.
Perché le «insinuazioni dei nemici della guerra e della
pace giusta e duratura cadano»
il partito repubblicano chiede
che il nostro governo pubblichi i trattati che lo legano ai governi
alleati.
(segue...)
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