(segue) Corridoni
(29 ottobre 1917)
[Inizio scritto]
Filippo Corridoni fu l'anima
dell'interventismo popolare. Convinse
commosse
trascinò.
Volle che alla predicazione
seguisse l'azione
e ne partì volontario. Volle
deliberatamente entrare in combattimento. Era in lui
mentre correva
alla prima trincea austriaca del Carso
una disperata volontà
di immolazione
e quando la trincea fu espugnata
egli balzò
in piedi sul parapetto gridando nell'oblio totale di se stesso: —
Vittoria
Vittoria! Viva l'Italia! — E cadde fulminato nella
morte dolce che non corrompe le carni
e non fa più
soffrire...
Si vuole che nei primi tempi del
cristianesimo i fedeli del Nazzareno disseminati in Roma si
comunicassero non col pane ma col sangue.
Ognuno si incideva le carni in
direzione del cuore; e il sangue veniva raccolto in un calice solo
che passava poi da labbro a labbro.
Anche noi
in nome dei nostri
morti
vogliamo praticare la comunione del sangue.
Noi l'abbiamo raccolto il sangue
che i nostri amici a mille a mille hanno versato senza paura e senza
rimpianto. È sangue della migliore giovinezza d'Italia: sangue
latino...
Oh! poeta
la nostra Patria non è
più vile. Gli adolescenti vanno incontro alla morte come a
splendido convito.
Che importa se
accanto a questa
gloria
c'è un po' di fango
e vi ruffianano dentro i più
bassi e più turpi esemplari della politica?
Noi guardiamo in alto. Noi
guardiamo a Filippo Corridoni.
Non lo sentimmo mai così
vivo
così presente nella nostra ingrata fatica. La sua effige
ci guarda in silenzio. Ma noi prendiamo quel cuore
noi
dissuggelliamo quelle labbra
noi strappiamo l'anima alla corruzione
della materia; contendiamo all'oblio la perennità del ricordo;
chiediamo alla morte il grido della vita
e lo scagliamo in faccia a
quelli che meditano il tradimento.
(segue...)
|