L'offerta
(2 novembre 1917)


      Già si pensa alla riscossa; Benito Mussolini prevede sul Tagliamento quella resistenza che fu posta invece sulla linea del Piave e pubblica il seguente articolo sul «Popolo d'Italia» del 2 novembre 1917.

      Come nel maggio... Si rivivono le giornate del maggio. Si respira l'atmosfera ardente di passione del maggio.
      Quando si scorrono le cronache di questi giorni vien fatto di chiedersi se un nuovo prodigio si avvera o se un sogno o una illusione ci inganna. Realtà. Immediata tangibile superba.
      Veramente il maggio del 1915 è la data capitale di tutta la nostra storia. Tutta una lenta maturazione esplose in quei giorni memorabili. Veniva dal profondo. Noi stessi non l'avevamo avvertita. Ma da quel maggio l'Italia si presenta come una creazione nuova.
      Ecco: in questa fine di ottobre noi siamo stati percossi dal dolore e umiliati dalla delusione. Una volta queste ferite terribili avrebbero fatto sanguinare pochi cuori di solitari e urlare di rabbia pochi veggenti. Pensate al 1866 o se volete ad Abba Garima.
      Oggi è tutto un popolo che sente lo strazio vivo della Patria come se si trattasse della sua stessa carne fisica cui venisse inflitta la più feroce delle torture. La diminuzione che è parziale che sarà — noi lo crediamo fermissimamente — transitoria del nostro organismo di Nazione si riflette su noi stessi. Noi sentiamo il peso dell'ingiuria anche per coloro che durante un secolo lottarono soffersero morirono per lasciarci dopo un millennio di schiavitù una Patria libera.
      Questa ingiuria ci è insopportabile. Il nostro pensiero non la tollera. È il nostro incubo. Pensare che sul castello di Udine — la gentile e forte vedetta di nostra gente — sventola il giallo-nero ci opprime di angoscia. No. Non può essere. Non dev'essere. La profanazione del nostro suolo non può durare che il tempo strettamente necessario per ricacciare l'invasore.

(segue...)