Disciplina di guerra
(9 novembre 1917)
Dal «Popolo
d'Italia» del 9 novembre 1917
Questa disciplina di guerra è
stata invocata da molti e da noi ma sempre invano
da due anni a
questa parte. Col magro pretesto che non si doveva turbare il
«normale svolgimento della vita nazionale»
il Governo ha
preso alcuni provvedimenti omeopatici
ma non ha mai adottato le
grandi
radicali misure che dovevano — per amore o per forza —
inquadrare tutti gli Italiani nella disciplina di guerra.
Se noi vogliamo eliminare tutte le
cause della demoralizzazione dei soldati
bisogna battere altra
strada
ben diversa da quella seguita sino ad oggi. Pretendere di
conservare «il normale svolgimento della vita nazionale»
mentre gli avvenimenti sono di una eccezionalità che non si è
mai vista nella storia
è il colmo del grottesco e
dell'assurdo.
Ma noi ci contentiamo volentieri
delle apparenze. Così abbiamo creduto che il ritmo della vita
nazionale fosse normale
soltanto perché si lasciavano
prosperare tutte le abitudini — non escluse le più
idiote — dei tempi di pace. Accadeva questo: che mentre nelle
campagne il famoso normale svolgimento della vita nazionale non
esisteva affatto
perché la guerra aveva letteralmente
spopolato i villaggi
nelle città — almeno
nell'esteriorità — si poteva affermare che là
guerra non era nemmeno «avvertita». E il buon villico
vestito in grigio-verde
che aveva occasione di passare per le nostre
città
era costretto a fare molte di quelle dure constatazioni
e meditazioni
che gli debilitavano il «morale»...
Ci hanno trastullato con le frasi.
Si è detto: «Tutta la Nazione è un esercito; ogni
cittadino è un soldato». Ma in questo esercito si sono o
si erano formate due categorie un po' diverse
se non antitetiche:
quelli che all'interno non «avvertivano» nemmeno la
guerra e gli altri che l'avvertivano tanto sino a rimanerne stroncati
o massacrati...
(segue...)
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