(segue) L'Offerta
(2 novembre 1917)
[Inizio scritto]
Sino a ieri abbiamo assistito
all'invasione
oggi la «sentiamo»
la subiamo nei suoi
aspetti immutevoli e tragici. Casolari abbandonati
ponti saltati
villaggi in fiamme
città devastate
fughe a masse delle
popolazioni: la desolazione e il terrore
dove ventiquattro ore prima
ferveva la vita tranquilla delle retrovie. E nell'esodo precipitoso
gli occhi spauriti dei fanciulli domandano un perché
al quale
nessuno risponde.
Questo significa il «ben
vengano» d'infame memoria... Lo spettacolo è nelle
nostre anime. Il dolore ci percuote
ma non ci abbatte. Ci forgia.
Qui si rivela la nobiltà della nostra stirpe. Tutta l'Italia
oggi è un cuore solo. Tutto si riduce alla nostra qualità
fondamentale e gloriosa di Italiani.
In altri tempi un rovescio così
improvviso
avrebbe scatenato le collere popolari; oggi
rinsalda la
comune e ferrea volontà di rivincita. Ci ritroviamo tutti. Ci
sentiamo tutti della stessa famiglia. C'è una madre
oggi
che
riassume e protegge tutte le madri: le madri dei vivi e le madri dei
morti...
Ebbene: ci può essere stato
un momento di debolezza e di vergogna. Sì
c'è stato.
Ma
badate
è di tutti gli eserciti
di tutti i popoli
di
tutti i tempi. È accaduto qualche volta ai legionari di Roma
di sbandarsi in seguito all'improvviso apparire nel cielo di uno
stormo di malefici uccelli. Anche nel nostro cielo si aggiravano i
corvi...
Ma il nostro soldato tornerà
domani quello di ieri. La tempra non è cambiata. Sono ancora i
soldati che nel 1915 davano la scalata ai ciglioni perpendicolari del
Carso
che nel 1916 respingevano gli austriaci dagli altipiani e poi
con manovra fulminea
s'impadronivano dello scabroso San Michele e
del lugubre Sabotino
aprendosi il varco a Gorizia nostra. Sono gli
stessi che nel 1917 espugnavano il Santo e la Bainsizza. Il valore
del soldato italiano è consacrato nelle undici battaglie
dell'Isonzo
è consacrato dai numerosi cimiteri che da Saga a
Monfalcone segnano le tappe del nostro sacrificio.
(segue...)
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