(segue) Non passano pił
(26 novembre 1917)
[Inizio scritto]
Da quindici giorni
i tedeschi
sono sulla sinistra del Piave e non sono riusciti a passare. Noi
abbiamo la certezza che non passeranno. I motivi che confortano
questa nostra certezza sono obiettivi e soggettivi; di ordine
militare e di ordine morale.
Chi è stato in guerra
sa —
per esperienza personale — che cosa vuol dire disporre di un
po' di tempo
per sistemare le posizioni a difesa. All'indomani delle
nostre spallate carsiche — e quella del novembre dell'anno
scorso che ci fruttò undicimila prigionieri e ci condusse a
mezzo chilometro da Jamiano sui primi contrafforti dell'Hermada
fu
semplicemente magnifica — che cosa era la nostra trincea di
prima linea? Un muricciuolo tortuoso
eretto coi sassi raccolti sul
terreno. Uno scheletro. Un simulacro. Un segno appena visibile. Non
difendeva dalle granate
riparava appena dalla fucileria e dalle
pallette degli shrapnels. Ma alla notte
fra un contrattacco e
l'altro
venivano lanciati oltre al muricciuolo i primi cavalli di
Frisia; con picchi e vanghette
si scavava il fosso
mentre con la
terra si riempivano i sacchi... Alla mattina la trincea era già
abbozzata. Dopo alcune notti di lavoro accanito
la trincea era quasi
al completo. Seguiva il lavoro di perfezionamento: trasversoni
ricoveri
tane di volpe. Intanto
dietro di noi
si stabilivano le
bombarde e
più indietro ancora
si schieravano nei nuovi
appostamenti
le batterie. La stessa cosa è avvenuta
in
queste due ultime settimane sulla riva destra del Piave. I tedeschi
si trovano di fronte a un'organizzazione difensiva. Non devono
soltanto varcare il fiume — e non è facile gettare dei
ponti — ma giunti sulla riva opposta
devono superare i
reticolati
gli ordini successivi di trincee
i nidi di
mitragliatrici
i fuochi delle artiglierie.
Ma soprattutto — e questo è
il motivo principale della nostra certezza —
devono ributtare
i soldati italiani. E poiché i soldati italiani sono decisi a
morire
ma non indietreggiare
ecco che l'esercito nemico è
obbligato a segnare il passo. È un fatto che gli
austro-tedeschi sono giunti al Piave non in seguito alla maggiore
genialità della loro strategia
o alla più alta
combattività delle loro truppe — presso le quali molto
diffuso era il «cafard» — o alla superiorità
dei loro mezzi materiali; no. Hanno vinto
perché alcuni dei
nostri reparti hanno opposto una «deficiente resistenza».
(segue...)
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