(segue) Non passano pił
(26 novembre 1917)
[Inizio scritto]

      Sono entrati perché qua e là hanno trovato la porta aperta. Ora che la porta è chiusa e vi fanno buona guardia i nostri soldati la strategia tedesca non può vantare nessun successo positivo. Il che prova che l'elemento «uomo» è il fondamentale e che tutti i mezzi meccanici del mondo sono insufficienti a dare la vittoria se l'animo dei soldati è insufficiente e viceversa.
      Andiamo dunque verso il ristabilirsi dell'equilibrio sul nostro fronte. L'invasione è fermata. Ma noi non vorremmo che all'interno del paese si fermasse quell'onda di passione che tutti ci ha presi e esaltati nei giorni scorsi. Non vorremmo che il Paese» — per gradi più o meno sensibili — si adattasse al pensiero della Patria invasa. L'invasione di tre provincie del Veneto è un aculeo che dobbiamo tenere infisso nelle nostre carni e nella nostra anima. È un fatto che dobbiamo avere sempre dinanzi agli occhi. Non dobbiamo concedere tregua a noi stessi. Contenuta l'invasione un proposito solo deve tendere tutte le nostre energie: ricacciare il barbaro. Ma soprattutto bisogna mettersi in mente che la necessità suprema della rivincita non è legata alla sorte dei nuovi e dei vecchi territori da redimere ma al nostro prestigio alla nostra dignità al nostro onore nel mondo.
      Il 24 ottobre non si cancella se non con la vittoria. La nostra rivincita è il nostro riscatto morale. La nostri riabilitazione. La nostra purificazione da una colpa enorme. La nostra espiazione deve essere la nostra vittoria. Abbiamo perduto momentaneamente ora bisogna combattere per vincere e vincere per riguadagnare — oltre i territori — la nostra riputazione di popolo. Gli «sbandati» che tornano al fuoco rappresentano nella parte il tutto. Tutta la Nazione deve tornare al fuoco.
      La nostra guerra è oggi dominata da una necessità morale. Il popolo se ne rende conto. Attendiamo che il Governo faccia altrettanto.

(segue...)