(segue) Divagazioni
(31 dicembre 1917)
[Inizio scritto]

      Nel luglio Kerensky e Brussiloff riescono a galvanizzare per l'ultima volta alcuni corpi d'armata russi. È una parentesi breve. Un tentativo disperato.
      Nell'agosto la manovra del Papa cui fa seguito la nostra brillantissima offensiva della Bainsizza. I francesi liberano definitivamente Verdun dalle tenaglie del Kronprinz.
      Nell'ottobre c'è una data che ci percuote e ci umilia Per quel complesso di circostanze sulle quali non si è fatto ancora luce gli austro-tedeschi riescono a sfondare le nostre linee dell'Alto Isonzo a invadere due Provincie a raggiungere la riva sinistra del Piave. Si è detto: cinquanta giorni! Cinquantanni! Quale italiano degno di questo nome non si è sentito invecchiare — orribilmente — nella settimana che va dal 24 ottobre al 1° novembre?
      Invecchiare perché tutto il nostro passato di ieri tutte le nostre tare di ieri dalle quali credevamo di esserci riscattati sembravamo riprenderci schiacciarci annullare in un attimo il travaglio sanguinoso e prodigioso di trenta mesi di guerra.
      Il 24 ottobre ci è apparso — in un primo tempo — come un improvviso colpo di spugna sulla nostra storia più gloriosa e recente. Noi eravamo saliti verso le cime luminose della vittoria ed ecco il Destino ci ha preso e ci ha rovesciati ricacciati nel fondo nel buio della disfatta. Ma il Destino era in noi poiché quello che si chiama destino non è che la confessione della nostra imperfetta conoscenza delle cause che presiedono allo svolgersi delle vicende umane. La causa della disfatta è in noi. Le ragioni della ripresa sul Piave le forze della riabilitazione sono in noi. Il 1918 sarà quello che noi vorremo che sia.
      Esiste una fatalità esteriore meccanica ma esiste anche una volontà umana che non piega davanti ai colpi che sembrano improvvisi ma li domina e ne trae esperienza. La «fatalità» se così può chiamarsi di Caporetto è stata dominata dalla nostra volontà di vittoria.

(segue...)