(segue) La Vittoria fatale
(24 maggio 1918)
[Inizio scritto]
Quello che Machiavelli dice nel
capitolo VI del Principe a proposito di coloro che per propria virtù
come Moisè
Ciro
Romolo
Teseo
giunsero al principato
può
applicarsi non solo agli individui ma ai popoli.
«Ed esaminando
dice il
Segretario Fiorentino
le azioni e la vita loro
non si vede che
quelli avessero altro della fortuna che l'occasione
la quale dette
loro materia da potere introdurvi dentro quella forma che parve loro;
e senza quell'occasione la virtù dell'animo loro si sarebbe
spenta
e senza quella virtù l'occasione sarebbe venuta
invano... Queste occasioni pertanto fecero questi uomini felici e
l'eccellente virtù loro fece quella occasione esser compiuta;
donde la loro patria ne fu nobilitata e diventò felicissima.»
Riferendoci al popolo italiano nel
maggio radioso si può dire che
senza l'occasione della
guerra
la virtù del nostro popolo
si sarebbe spenta; ma
senza questa virtù
l'occasione della guerra sarebbe passata
invano.
Ho ritrovato un'eco del pensiero
di Machiavelli
nel libro di Maeterlinck
il grande poeta del Belgio
il poeta
che forse più di ogni altro
fra i contemporanei
ha
dato un'espressione
una voce a tutti i movimenti più delicati
e complessi dell'animo umano.
Il Maeterlinck nel suo libro
«Saggezza e Destino» ammette la fatalità meccanica
esterna
ma ammette anche che un individuo possa reagire contro
questa fatalità.
«L'avvenimento
in sé
— dice Maeterlinck nel capitolo VII del suo: La Sagesse e la
Destinee — è l'acqua pura che la fontana versa su di noi
e non ha ordinariamente in se stesso né sapore
né
colore
né profumo. Diventa bello e triste dolce e amaro;
mortale o vivificatore a seconda delle qualità dell'animo che
lo raccoglie.
(segue...)
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