(segue) La Vittoria fatale
(24 maggio 1918)
[Inizio scritto]

      Un'altra verità che i responsabili hanno realizzato tardi è che per vincere gli eserciti bisogna vincere i popoli. Prendere cioè al rovescio gli eserciti. È difficile questo per la Germania etnicamente politicamente e moralmente compatta.
      Ma noi abbiamo invece di fronte un nemico sul quale si poteva agire sin da principio in questo senso: dovevamo insinuare la nostra azione nel mosaico dello Stato austriaco.
      Io sono molto felice di aver contribuito alla creazione di reggimenti boemi. Sono ancor più contento di sapere che si sono già formati parecchi di questi reggimenti e non mi stupisco di apprendere che si tratta di magnifici soldati che coll'esempio loro giovano anche al morale dei nostri.
      Fra i popoli che non si prendono alle spalle è il nostro. Il mio elogio sincero. Grande è stato il popolo delle trincee e grande l'altro che non ha combattuto.
      Le deficienze devono ricercarsi altrove fra il vecchiume di cui parlavo poco fa.
      Ho vissuto con questi valorosi nostri soldati nelle trincee li ho ascoltati quando parlavano nei loro piccoli crocchi li ho visti nelle ore della malinconia nei momenti epici dell'entusiasmo.
      E quando dopo il triste 24 ottobre c'era un po' di diffidenza verso i combattenti io sono insorto perché mi pareva impossibile che dei soldati che avevano vinto le battaglie sul terreno più difficile di tutti i teatri della guerra fossero diventati di un colpo dei pusillanimi che si sbandano al semplice crepitio di una mitragliatrice.
      Non è così perché se così fosse non ci sarebbe stato fiume per fermare l'onda invadente e se ci siamo fermati sul Piave è segno che potevamo resistere anche sull'Isonzo. (Applausi).
      Leggevo ieri sera in treno un libro di poesie scritte in trincea da un capitano: Arturo Marpicati. È l'unica letteratura possibile; la letteratura di guerra quando però si tratti di scrittori che ci sono realmente stati. In queste strofe io riconoscevo i miei commilitoni di una volta. Riconoscevo gli umili grandi soldati della nostra guerra. Ecco:

(segue...)