(segue) La Vittoria fatale
(24 maggio 1918)
[Inizio scritto]
Essa è nelle trincee dove
soldati di diverse razze hanno varcato sei mila leghe di mare per
venire a morire in Europa!
Voi mi permetterete di essere
ottimista circa l'esito della guerra.
Vinceremo perché gli Stati
Uniti non possono perdere
perché l'Inghilterra non può
perdere
perché la Francia non può perdere.
Gli Stati Uniti hanno centodieci
milioni di abitanti; una sola leva può dare un milione di
reclute.
L'America
come l'Inghilterra
sa
che sono in gioco tutti i valori
tutti i più grandi
interessi
i beni fondamentali della civiltà.
Finché noi saremo in questa
compagnia non c'è pericolo di una pace rovinosa. Non arrivare
al traguardo della pace significa essere schiacciati; ma quando
saremo arrivati al traguardo potremo guardare anche noi in faccia ai
nostri nemici e dire che anche noi
piccolo popolo disprezzato
anche
noi
esercito di mandolinisti
abbiamo resistito fino all'ultimo
abbiamo sofferto
pianto
ma abbiamo resistito e abbiamo il diritto a
una pace giusta e duratura.
Io sono un ottimista e vedo
l'Italia di domani sotto una luce rosea. Basta col rappresentare
l'Italia col berretto di locandiera
meta di tutti gli sfaccendati
muniti del loro odioso Baedeker; basta collo spolverare vecchi
calcinacci: siamo e vogliamo essere un popolo di produttori!
Saremo un popolo che si espanderà
senza propositi di conquista: ci imporremo con le nostre industrie
col nostro lavoro. Sarà il nome augusto di Roma che dirigerà
ancora la nostra forza nell'Adriatico
golfo del Mediterraneo e nel
Mediterraneo strada di comunicazione fra tre continenti.
Quelli che sono stati feriti sanno
che cosa vuol dire convalescenza. Viene il giorno in cui il medico
non prende più dal vassoio i suoi coltelli spietati
ma pur
benedetti; non vi strazia più le carni doloranti
non vi fa
più soffrire. Il pericolo d'infezione è scomparso e voi
allora vi sentite rinascere. Comincia una seconda giovinezza. Le
cose
gli uomini
la voce di una donna
le carezze di un bambino
il
fiorire di un albero
tutto vi dà la sensazione ineffabile di
un ritorno. Le vene s'inturgidano del sangue nuovo e la febbre del
lavoro vi afferra.
(segue...)
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