(segue) La Vittoria è nostra!
(1 novembre 1918)
[Inizio scritto]
Questa è la verità.
La verità che va proclamata altamente e subito
verità
che potrà essere confermata non solo da noi
ma dagli alleati
che combattono al nostro fianco. L'esercito austriaco è
battuto
ma si batte. È battuto perché i nostri soldati
lo battono
e lo battono
perché hanno stabilito la loro
superiorità. L'accanimento degli Italiani nell'attacco
ha
superato l'accanimento degli austriaci nella difesa.
Non c'è stata nemmeno da
parte nostra la sorpresa. La nostra vittoria è il risultato
dei nostri sforzi. Gli Austriaci non si sono sbandati
non si
arrendono in massa. Se lo Stato Maggiore nemico richiama dalla
Francia le tre divisioni che aveva lassù
è segno che
si propone un tentativo di arginare la nostra avanzata. Noi crediamo
che non riuscirà; ma il fatto dimostra che l'esercito
austro-ungarico è finora non tocco dalla crisi interna. È
verissimo che a Praga
a Zagabria
a Leopoli è stato celebrato
il «Delenda Austria». Ma è altrettanto vero che i
soldati slavi non hanno abbandonato i ranghi e che nemmeno un
plotoncino di «honved» ha lasciato il Friuli per
tornarsene in Ungheria.
Le prime puntate oltre Piave hanno
richiesto forti sacrifici. Gli austro-ungarici non hanno
«fraternizzato».
Hanno fatto tuonare migliaia di
cannoni e crepitare migliaia di mitragliatrici. Dopo aspri
combattimenti
sono stati sopraffatti. La successiva avanzata non è
che la conseguenza del nostro successo strappato a cieca forza; cioè
a vivo sangue
con un rischio grandissimo e con un'audacia e una
tenacia superbe. È probabile che la rotta militare determini
il crollo morale di tutto l'esercito austro-ungarico
ma finora il
fenomeno ha carattere militare.
Insomma
gli austriaci non ci
hanno in alcun modo facilitato il compito duro e grandioso: se
vinciamo ed avanziamo
gli è perché i nostri soldati
sono animati da un furore sacro che non potrà spegnersi se non
molto al di là dell'Isonzo
in vista delle Alpi Giulie.
(segue...)
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