(segue) Governo
(28 maggio 1919)
[Inizio scritto]
Quel governo che non ha voluto
l'annessione
perché tra la volontà del popolo
italiano
chiaramente espressa
e quella delle potenze straniere
quest'ultima — sola — vale
sta esaurendosi oggi nelle
interminabili discussioni parigine che non hanno una fine per la
semplice ragione che non hanno mai avuto un principio. Il popolo
ignora. Da due mesi
ormai
è tenuto all'oscuro. Di quando in
quando un comunicato ufficiale di venti righe è ciò che
si dà da leggere agli italiani. Di solido
non c'è
niente. L'on. Orlando
anima di avvocato e di deputato
che non ha
sentito la guerra
non solo perché non l'ha fatta
ma perché
è rimasta fondamentalmente estranea al suo spirito
«cattedratico» e professorale
non comprende che la lunga
e inutile contrattazione di Parigi è l'assassinio vero e
proprio dell'onore d'Italia. Che cosa importa
ormai
dopo tutto
quello ch'è avvenuto
che l'Italia abbia qualche chilometro in
più o in meno del litorale dalmata
dell'Anatolia o del
Somaliland?
Noi non sappiamo ancora
quantunque non ci sia difficile intuirlo
quale pace troveremo a
Parigi. Noi
lo dichiariamo qui una volta per sempre
non scateneremo
l'opposizione al governo in base al «quantum» ottenuto e
a quello che si poteva ottenere
ma è il «modo»
quello che ci offende e che ci porta dall'altra parte della
barricata. Il governo ha ancora un mezzo per evitare la nostra
opposizione che siamo decisi a condurre a fondo sino alle ultime
conseguenze
anche se il regime tutto e non un ministero
dovesse a
un dato momento saltare: il mezzo è questo: parlare
dire la
verità
tutta la verità al popolo italiano. Disperdere
la densa opprimente caligine che avvolge l'«Eduardo VII».
Nell'attesa di un «Libro»
diplomatico noi chiediamo la luce su quello che si è fatto. Ci
sono delle curiosità che bisogna soddisfare. Ad esempio
questa: è vero che Lloyd George e Clemenceau avevano apposta
la firma in calce all'autografo del messaggio wilsoniano?
(segue...)
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