In campo da soli
(29 ottobre 1919)
Dopo il voto di
scarsa fiducia del 29 settembre
il Ministro Nitti
invece di
dimettersi
sciolse la Camera e indisse le elezioni. Al Congresso
Fascista di Firenze
il 9 ottobre 1919
si decise la partecipazione
del Fascismo alla battaglia elettorale. A Milano
il Fascismo
decise
di rimanere isolato nelle elezioni
con una lista autonoma. In
seguito a questa deliberazione
Benito Mussolini pubblicò sul
«Popolo d'Italia»
il 29 ottobre 1919
il seguente
articolo:
La notizia che il fascismo
milanese
unitamente coi suoi naturali e oramai inseparabili alleati
che sono gli Arditi e i Volontari di guerra
scende in campo da solo
sarà accolta con un moto di gioia e di orgoglio da parte di
tutti i fascisti d'Italia. L'ordine del giorno votato all'unanimità
nell'adunata nazionale di Firenze
stabiliva delle «preferenze»
ma non escludeva
là dove si fosse resa necessaria e
possibile
la lotta fascista con candidati fascisti e programma
fascista.
Ripetiamo che la parola fascista
comprende anche gli Arditi e i Volontari di guerra
poiché le
tre associazioni sono distinte nella forma
ma fuse e confuse nella
sostanza: si tratta di tre corpi e di un'anima sola. Ora
il blocco
fascista
che potrà anche chiamarsi il blocco delle «teste
di ferro»
ha deciso di affrontare in pieno la battaglia
elettorale
senza nascondere una linea dei suoi Programmi
senza
camuffare la sua mentalità.
L'Avanti! di ieri proclamava su
sei colonne
che i «più arrabbiati sostenitori della
guerra si ritirano vergognosamente dalla lotta
ma questa che è
vera vergogna (una volta tanto siamo perfettamente d'accordo col
foglio pussista) non ci riguarda
perché noi non ci
nascondiamo
non ci ritiriamo e soprattutto non cerchiamo coi trucchi
dell'ultima ora
di ottenere dieci centesimi di perdono o di oblio
dai nostri avversari e nemici. Ci presentiamo quali siamo e con
questo crediamo di rendere un discreto servizio anche agli avversari
delle coalizioni più agguerrite: la pussista e la pipista
i
quali avversari
per la bellezza estetica e la sincerità della
lotta
devono apprezzare
anche se apertamente non lo dicono
il
nostro gesto di rivolta e di sfida. Siamo giunti all'intransigenza
fascista per necessità di cose e per volontà di uomini.
Il fascio milanese che è — lo si voglia o no — il
raggruppamento politico più importante di Milano
immediatamente dopo la sezione del partito socialista ufficiale —
è stato trattato da parte di taluni sinistri con una specie di
«sufficienza» sconveniente e irritante. Per molte ragioni
d'ordine pratico
sulle quali è inutile in questo momento di
iniziare discorso
ma soprattutto per una ragione d'Indole politica
che si riattacca direttamente alle famose polemiche bissolatiane
noi
fascisti che non rinunciamo a Fiume e nemmeno alla Dalmazia italiana
non abbiamo potuto andare col gruppo cosiddetto di sinistra
patrocinato dai combattenti inscritti all'Associazione Nazionale. A
destra (usiamo questa terminologia per intenderci
ma aggiungiamo
subito che destra e sinistra non hanno oggi che un valore il più
delle volte puramente retrospettivo) abbiamo trovato della gente
arrendevole nei programmi e anche nei candidati
ma ciò che da
quelle brave persone ci divide è la nostra mentalità
il nostro stato d'animo
un insieme di sentimenti
d'impulsi
di
ribellioni che non si pesano col bilancino e che tuttavia scavano fra
uomini e uomini un solco profondo come un abisso. E allora terza e
unica via
scartato l'astensionismo che in queste circostanze sarebbe
equivalso a una pietosa e clamorosa auto-confessione di impotenza
la
via dell'affermazione fascista
che sarà
noi pensiamo
consacrata per acclamazione dall'imminente assemblea del fascio
milanese.
(segue...)
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