(segue) Celebrazione
(11 settembre 1920)
[Inizio scritto]
Per fortuna d'Italia
per
fortuna
possiamo aggiungere
dell'umanità
un Uomo sorse
deciso anche al rischio supremo
pur di salvare Fiume.
Chi può rievocare senza
spasimi di gioia e di orgoglio
i giorni di luce del settembre 1919?
Giungevano
sempre più tristi
le notizie dall'altra sponda.
Fiume chiamava
ma nessuno rispondeva. Quale suggestivo spettacolo
all'indomani della fulminea Marcia di Ronchi? A Roma
un governo che
balbettava gli alibi della sua insufficienza; a Parigi e a Londra
dei governi che erano costretti — con una grinta abbuiata —
ad accettare il fatto compiuto
mentre i contingenti alleati se ne
andavano e la polizia inglese girava al largo nell'Adriatico; a
Washington
un uomo che doveva sentirsi umiliato dall'unica grande
consacrazione «di fatto» del suo famoso principio di
autodecisione dei popoli. Tutti gli spiriti liberi d'Europa e
d'America simpatizzarono con d'Annunzio: dall'Italia fluivano nelle
città contese reparti di regolari e di irregolari; Fiume era
folle di entusiasmo e sembrava vivere — come ha vissuto —
della sua speranza indomabile!
* * *
Dodici mesi son passati. Ricchi
di vicende come non mai. Il dopoguerra ha un ritmo ancora più
vorticoso della guerra. Questa aveva imposto una disciplina di ferro
agli individui e ai popoli; il dopo-guerra ci presenta la crisi di
tutte le gerarchie
di tutti i valori
di tutte le discipline.
Durante questi lunghi mesi
Fiume non ha cessato di «offrirsi»
all'Italia con l'atto dell'umile amore che non conosce le parentesi
grigie della stanchezza. Gli italiani che nel settembre
colpiti dal
gesto nella loro fantasia
ebbero una vampata d'entusiasmo
sembrano
oggi assenti e lontani. Quelli che hanno in questi dodici mesi
gelosamente custodita la fiamma del Carnaro
sono pochi. Siamo noi.
Il governo di Giolitti non fa che imitare Cagoia.
E allora Fiume si proclama
indipendente.
(segue...)
|