Discorso di Trieste
(20 settembre 1920)


      Il 20 settembre 1920 - cinquantesimo anniversario del compimento della prima fase dell'unità italiana - il Duce pronunciava questo discorso in Trieste al Politeama Rossetti. Coglieva l'occasione per considerare in una sintesi critica l'attivo e il passivo del Risorgimento italiano e della più recente Storia d'Italia per stabilire la genesi i compiti e i fini del Fascismo. Questo discorso - critico e programmatico a un tempo — è uno di quelli che pongono nei momenti più torbidi e tristi le chiare basi della ricostruzione. In esso appare quel supremo ideale della missione di Roma che è destinato a divenire dopo il 1922 uno dei capisaldi spirituali e pragmatici del Regime fascista.

      Io non vi considero o triestini come degli italiani ai quali non si può dire ancora la verità o tutta la verità poiché io vi considero come i migliori fra gli italiani ed il vostro entusiasmo di oggi me lo dimostra. L'evento che ebbe il 20 settembre 1870 in Roma il suo compimento fu un magnifico quadro dentro ad una mediocre cornice né su ciò mi soffermerò.
      Dopo cinquant'anni dalla Breccia di Porta Pia noi dobbiamo fare il nostro esame di coscienza. Una nazione come la nostra che era uscita da una lunga divisione plurisecolare che aveva appena raggiunto l'unità non aveva ossa sufficientemente robuste per reggere il peso di una politica mondiale. Un uomo grande nel pensiero italiano Francesco Crispi ruppe questa tradizione.
      In cinquant'anni di vita l'Italia ha realizzato progressi meravigliosi. Prima di tutto c'è un dato di fatto: ed è la vitalità della nostra stirpe della nostra razza. Ci sono delle nazioni che ogni anno devono compulsare con una certa preoccupazione i registri dello stato civile perché o signori è appunto in questo disquilibrio che si producono le grandi crisi dei popoli e voi sapete a chi alludo. Ma l'Italia non ha di queste preoccupazioni. L'Italia faceva 27.000.000 di abitanti nel 1870; ne ha 50.000.000 adesso: 40.000.000 nella penisola ed è il blocco più omogeneo che ci sia in Europa. Perché a paragone del blocco boemo ad esempio dove 5.000.000 di czechi governano 7.000.000 di altra razza l'Italia non ha che 180.000 tedeschi nell'Alto Adige immigrati in casa nostra; non ha che 360.000 slavi immigrati in casa nostra mentre tutto il resto è un blocco unico e compatto. E accanto a questi 40.000.000 in Italia ce ne sono 10.000.000 che hanno straripato in tutti i continenti oltre tutti gli oceani: 700.000 italiani sono a Nuova York 400.000 nello Stato di San Paolo dove la lingua di stato dovrà divenire la lingua italiana 900.000 nella Repubblica Argentina 120.000 in Tunisia quella Tunisia alla quale rinunciammo in un momento di minchioneria colossale: quella Tunisia che abbiamo riconquistato attraverso l'opera meravigliosa dei coloni siciliani che ivi hanno trasportato le loro tende che oggi lavorano per la reggenza francese ma che molto probabilmente lavoreranno domani sotto la reggenza italiana.

(segue...)