Ciò che rimane e ciò che verrà
(13 novembre 1920)
Dopo l'accordo
di Rapallo
stipulato l'undici novembre 1920
l'orizzonte rimaneva
pieno d'incognite e il problema dalmata gravava amaramente su la
coscienza nazionale. In tale occasione
il 13 novembre 1920
apparve
sul «Popolo d'Italia» il presente articolo:
A sentire il Secolo
l'on. Paolo
Orano
vecchio campione della causa dalmata
avrebbe fatto le
seguenti dichiarazioni
appena conosciutasi a Montecitorio la notizia
degli accordi di Rapallo:
«Sarei un criminale
un
traditore degli interessi della mia Patria
se
di fronte a quello
che si è ottenuto
seguitassi a dire che non abbiamo vinto».
Dichiarazioni analoghe hanno fatto gli on. Gasparotto e Vassallo. Le
opinioni di questi deputati ci interessano
in quanto si tratta di
interventisti — specie il Vassallo e l'Orano — non
rinunciatari. Noi
ad esempio
ci troviamo in uno stato d'animo
alquanto diverso da quello dell'on. Orano
ma prima di continuare a
esaminare la situazione nazionale e generale quale si delinea dopo
gli accordi di Rapallo
è necessario premettere alcune
semplici e fin troppo lapalissiane constatazioni. La prima delle
quali è questa: l'Italia ha moralmente
economicamente
politicamente
fisiologicamente bisogno di pace. L'Italia ha compiuto
dal maggio del '15 al novembre del '18 uno sforzo immane che la
renderà gloriosa per tutti i secoli
sforzo compiuto in
condizioni di inferiorità di fronte a nemici e alleati. Ha
vinto
meravigliosamente
per sé e per gli altri. Conclusa la
guerra
a uno sforzo nervoso è susseguita una terribile
tensione di nervi per la non-pace. Ne sono derivate complicazioni di
ogni genere. È la nostra dolorosa storia di ieri. Ora
anche
un gigante
dopo la fatica compiuta
ha bisogno di riposo. Così
l'Italia ha bisogno di pace per riprendere
per rifarsi
per
incamminarsi sulle strade della sua immancabile grandezza. Solo un
pazzo o un criminale può pensare a scatenare nuove guerre
che
non siano imposte da una improvvisa aggressione. Tutto ciò che
avvicina la pace
tutto ciò che segna un punto fermo a un
capitolo della nostra storia
è accolto
qualora non sia
umiliante o lesivo dei nostri supremi interessi
con un vasto respiro
di soddisfazione da ogni classe di cittadini. Per questo noi
riteniamo buoni gli accordi per il confine Orientale e per Fiume.
(segue...)
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