Cose a posto
(24 novembre 1920)
Il 22 novembre
1920
a Bologna
durante l'insediamento dell'amministrazione comunale
socialista
veniva assassinato dai comunisti l'avv. Giordani
consigliere di minoranza. Nell'esecrazione pubblica alcune voci in
mala fede tentavano di alterare il valore degli avvenimenti. Contro
tali manovre sorse la parola del Duce
in questo articolo
pubblicato
sul «Popolo d'Italia» il 24 novembre 1920:
La Stampa di Torino
unico e
solo dei giornali italiani
continua nel suo sistema che è
quello di mettere sullo stesso piano
coll'identico grado di
responsabilità
fascisti e comunisti. Scrive il giornale
piemontese:
«I luttuosi fatti di
Bologna
dove otto morti e sessantaquattro feriti hanno arrossato le
vie cittadine di sangue
dimostrano
con spaventosa eloquenza
come
il contrasto tra fascisti e comunisti si venga sempre più
selvaggiamente acuendo
ed assuma oramai le forme di guerra
guerreggiata. Cresciuti alla stessa scuola
trascinati all'adorazione
dello stesso principio di violenza
fascisti e comunisti non hanno
più forza di dominio su sé stessi
e nel travolgimento
folle della passione
ebri di sangue
di odi e di vendette
si
scagliano
con i fucili
con le rivoltelle
con le bombe
con i
pugnali
gli uni contro gli altri. È inutile rammentare i casi
dei mesi passati».
Alto là. I casi dei mesi
passati
dalla prima passeggiata intimidatrice inscenata dai
socialisti milanesi il 16 febbraio del 1919 all'orgia di violenze
consumate dai socialisti durante le ultime elezioni politiche alle
gesta criminali dei tribunali rossi culminate nell'assassinio di
Scimula e di Sonzini
bisogna rammentarli tutti
perché senza
questa rievocazione è impossibile comprendere come qualmente
il movimento fascista sia nato o abbia preso proporzioni imponenti in
ogni parte d'Italia. Si noti: noi non respingiamo le nostre
responsabilità. Le accettiamo in blocco. Non apparteniamo al
genere dei socialisti molluschi e tecoppeschi che vorrebbero
commettere impunemente ogni specie di violenze e non subirne mai. Noi
diciamo qui alto e forte
perché tutti intendano
che siamo
ormai sufficientemente «attrezzati» per respingere e
schiantare ogni violenza degli estremisti del pus. Ma noi non abbiamo
— come è avvenuto nel socialismo russificato —
elevato la violenza a dottrina e a metodo di battaglia. Noi non siamo
bevitori di sangue
né esteti della violenza e mille volte su
queste colonne abbiamo detto che di tutte le guerre possibili e
immaginabili
è quella civile che più ripugna all'animo
nostro. Abbiamo sempre dichiarato e dichiariamo che siamo pronti ad
accettare
quando ci sia imposta
la guerra civile ed a condurla con
la necessaria energia e intrepidezza. L'una o l'altra eventualità
dipende dai socialisti. Se costoro tornassero al linguaggio «civile»
di altri tempi
a quel linguaggio che conferiva al socialismo un
alone di bontà umana
se parlassero come ha parlato dopo
l'eccidio
il neo-sindaco di Bologna
l'atmosfera infuocata
diventerebbe immediatamente respirabile e le lotte di idee fra i
partiti non sboccherebbero più nell'urto micidiale. Ma noi non
ci facciamo illusioni. Proprio le cronache di ieri davano notizia
delle gesta dei socialisti a Chioggia
dove dodici fascisti veneziani
sono stati assaliti varie volte da migliaia di bruti infuriati.
Proprio ieri l'Avanti! portava una cronaca così bugiarda dei
fatti di Bologna da suscitare negli «onesti» ai quali
aveva la sfacciataggine di rivolgersi
un senso di profondo schifo.
(segue...)
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