Fiume!
(2 dicembre 1920)
A Fiume gli
eventi precipitavano. Il Governo d. Giolitti decretava
il 1°
dicembre 1920
il blocco di Fiume. In questo drammatico momento
mentre si preannunziavano eventi dolorosi
Benito Mussolini pubblicò
sul «Popolo d'Italia» del 2 dicembre 1920 il seguente
articolo:
La situazione adriatica cambia
di ora in ora. Nella giornata di ieri abbiamo avute diverse
manifestazioni che aggravano sensibilmente la situazione
pur non
rendendola
ancora
catastrofica. Tutte le speranze di un accordo non
sono perdute. La nota ufficiosa del Governo
malgrado il tono
dimesso
non ci convince. Non è vero che «l'occupazione
di Veglia e di Arbe minaccia di far passare davanti al mondo l'Italia
come un paese senza onore e senza parola». L'Italia non
c'entra. Non si può pretendere dall'Italia quello che non può
dare. Si può pretendere dall'Italia lo sgombro di Veglia e di
Arbe
quando il Trattato sia diventato esecutivo
ma nessuno può
chiedere all'Italia di massacrare i suoi soldati in un episodio di
guerra civile. La situazione fiumana si è aggravata e
complicata per questa ragione: perché Giolitti vuole sloggiare
i legionari della Reggenza dalle isole di Veglia e di Arbe.
Questa precipitazione di
Giolitti non si spiega o si spiega troppo. Non ci risulta che da
Belgrado siano partite rimostranze in proposito e non potevano
partire perché il Trattato non è ancora esecutivo. E
allora perché il cav. Giolitti si propone di sgombrare
a
qualunque costo
anche a costo di sangue
le due isole del Carnaro?
Poi è venuto
a tarda
ora
il comunicato Stefani
nel quale è detto che il generale
Caviglia ha «intimato alle truppe della Reggenza di rientrare
nei limiti dello Stato di Fiume stabiliti dal Trattato di Rapallo».
Ma questi limiti non sono ancora definitivi
perché il
Trattato è ancora «sub judice»
tanto in Italia
quanto a Belgrado; e di più: questi limiti non sono stati
riconosciuti dalla Reggenza perché sono stati tracciati senza
averla minimamente consultata. Anche dal punto di vista giuridico la
Reggenza è perfettamente a posto. La questione del porto
Barros
di Sussak
di Castua e delle due isole
rientra nei dettagli
che potevano formare argomento di ulteriore trattative a due o a tre.
Non c'era e non c'è bisogno di ricorrere a iniqui mezzi
coercitivi come il «blocco» per consegnare terre italiane
ai croati. Il «blocco»
anche «pacifico»
come si vuol dare ad intendere debba essere quello giolittiano
è
sempre una misura odiosa e tanto più indegna quando colpisce
italiani.
(segue...)
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